“Sindrome di takotsubo”: un nome difficile per indicare quella che è conosciuta anche come sindrome da crepacuore: una patologia spesso troppo poco conosciuta, ma che negli ultimi anni sta mietendo migliaia di vittime, arrivando ad una mortalità quasi pari a quella dell’infarto e delle altre patologie cardiovascolari.
La sindrome da crepacuore, che colpisce in 9 casi su 10 le donne, ha dato prova di essere molto più pericolosa di quanto si pensasse: questo è l’avvertimento lanciato dai cardiologi dell’Università Cattolica Policlinico Gemelli di Roma, in prima fila tra gli autori dello studio mondiale sulla sindrome di Takostsubo, pubblicato sul New England Journal of Medici.
La malattia, come detto, colpisce soprattutto le donne, prevalentemente dopo uno stress emotivo (nel 30% dei casi per un lutto) o fisico (nel 36% per un intervento chirurgico). Nella metà dei casi si associa a disturbi neurologici o psichiatrici, in particolare alla depressione. La patologia si manifesta con sintomi molto simili a quelli dell’infarto miocardico: provoca dolore al petto o affanno improvviso, in associazione con alterazioni dell’elettrocardiogramma. Le coronarie del paziente, tuttavia, risultano normali e non presentano restringimenti.
Il cuore, però, mostra una alterazione della forma, che diventa a palloncino, a simulare appunto il vaso (tsubo) che usano i giapponesi per raccogliere i polipi (tako).
L’obiettivo della ricerca è stato di caratterizzare clinicamente questi pazienti e comprenderne l’evoluzione clinica, nonché valutare i risultati della terapia oggi in uso.