Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.
Estremamente insidiosa, la malattia può avere conseguenze molto serie: cecità, cataratta, trombosi, nefropatia, le conseguenze del diabete non curato sono varie e devastanti.
Se la loro glicemia viene curata male, i diabetici sono più sensibili rispetto alla media alle infezioni cutanee, boccali e ginecologiche perché i batteri “amano” lo zucchero. I piedi sono particolarmente fragili e le piaghe mal curate possono sfociare in ascessi o cancrene, quindi in amputazioni.
Le complicanze acute si manifestano con una frequenza maggiore nei pazienti con diabete di tipo 1, sono per lo più riconducibili alla marcata carenza o assenza di insulina, le complicanze croniche sono invece molto frequenti nei pazienti con diabete di tipo 2.
Anche se le complicanze acute sono abbastanza rare nei pazienti con diabete non insulino dipendente, non è detto che non si manifestino anche in questo soggetti. Tra le complicanze acute del diabete troviamo la chetoacidosi, una grave complicanza metabolica del diabete che non permette alle cellule di utilizzare il glucosio per produrre energia, e il coma iperosmolare, un evento che si manifesta con maggiore frequenza in pazienti anziani in quanto assumono tendenzialmente meno liquidi rispetto ai pazienti più giovani. Le complicanze croniche del diabete interessano invece diversi tessuti e organi quali: cuore, nervi periferici, occhi, reni e vasi sanguigni.
Ma i danni non sono finiti qui: uno studio condotto da Wuxiang Xie dell’Imperial College London, pubblicato su Diabetology, ha rivelato che avere diabete o prediabete (che precede l’esordio della malattia vera e propria) è associato all’accelerazione del declino cognitivo e potrebbe accelerare l’invecchiamento del cervello.
La ricerca si basa su dati precedenti che collegano il diabete e la capacità cognitiva, stabilendo una forte connessione tra il controllo generale della glicemia e un conseguente rischio di declino cognitivo.
I ricercatori hanno valutato la funzione cognitiva dei partecipanti utilizzando il Longitudinal Study of Aging – un database inglese rappresentativo di oltre 50 anni che memorizza informazioni sulla salute, il benessere e le circostanze economiche in diverse “ondate” o periodi di tempo.
Più nello specifico, i ricercatori hanno studiato 5139 persone (diabetici, prediabetici e sani) ed hanno scoperto che, indipendentemente o meno dalla diagnosi di malattia, chi ha difficoltà a mantenere il controllo dello zucchero nel sangue a lungo termine, mostra un declino accelerato delle funzioni mentali complessive e di abilità quali memoria e funzioni esecutive rispetto a coetanei che hanno un buon controllo glicemico.
E’ stato riscontrato che più erano elevati i valori di emoglobina glicata (indice di un pessimo controllo glicemico), più era veloce il declino cognitivo rispetto a coetanei con migliore controllo glicemico.
Le loro scoperte si sono rivelate statisticamente significative anche quando sono stati presi in considerazione fattori come età, sesso, indice di massa corporea, consumo di alcol e malattie cardiache.
“Il nostro studio fornisce prove a sostegno dell’associazione del diabete con conseguente declino cognitivo. Inoltre, i nostri risultati mostrano una correlazione lineare tra i livelli circolanti di HbA1c e il declino cognitivo, indipendentemente dallo stato diabetico. I nostri risultati suggeriscono che gli interventi che ritardano l’insorgenza del diabete, così come le strategie di gestione per il controllo dello zucchero nel sangue, potrebbero aiutare ad alleviare la progressione del successivo declino cognitivo nel lungo periodo“, ha chiosato il ricercatore Dr Wuxiang Xie.
Futuri studi sono necessari comunque per determinare gli effetti a lungo termine del mantenimento del controllo ottimale del glucosio sul declino cognitivo nelle persone con diabete.