Nell’ultimo periodo, soprattutto in ambito pensionistico, per cercare di “guadagnare” anni contributivi ed andare in pensione qualche tempo prima, si è parlato più che abbondantemente di riscatto della laurea”.
Ma di cosa si tratta?
Il riscatto di laurea consiste nel convertire gli anni trascorsi all’università in anni utili per l’anzianità contributiva che sommati a quelli di lavoro permettono di andare in pensione prima.
Il riscatto di laurea è valido naturalmente a condizione che l’interessato abbia conseguito il titolo di studio.
Un’ottima opzione, certamente, se non fosse che naturalmente non è a costo zero, anzi, per i più si tratta di un vero salasso, ed i benefici ai fini pensionistici non giustificherebbe il sacrificio economico.
L’onere di riscatto dei periodi del corso di studi universitario è determinato con le norme che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto.
In pratica con il sistema retributivo l’onere varia in base a diversi fattori come età, sesso, periodo da riscattare e retribuzioni percepite negli ultimi anni.
L’onere dei periodi da riscatto da valutare con il metodo contributivo è invece calcolato applicando l’aliquota contributiva della gestione di riferimento (ad esempio, il 33% per i lavoratori dipendenti) sulla retribuzione degli ultimi 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda.
Per il 2019 il governo ha deciso di fissare una cifra uguale per tutti, pari a 5.241,30 euro per ogni anno di studio universitario, ma non si sa se questa norma verrà estesa anche ai prossimi anni.