Le malattie neurodegenerative sono un insieme variegato di malattie del sistema nervoso centrale, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni. A seconda del tipo di malattia, il deterioramento neuronale può comportare deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie, disturbi comportamentali e psicologici.
Il morbo di Alzheimer è una delle malattie neurodegenerative maggiormente conosciute. È caratterizzata dall’accumulo anomalo di proteine, come la β-amiloide, che forma delle placche a livello cerebrale, e la proteina tau, che causa la formazione di aggregati neurofibrillari.
La perdita neuronale che caratterizza il morbo di Alzheimer provoca gravi alterazioni delle funzionalità cognitive e, in particolar modo, incide sulla memoria a breve termine, sulla capacità di apprendimento e sulla sfera affettiva del paziente.
Molto conosciuto anche il morbo di Parkinson: questa patologia si caratterizza per la degenerazione dei neuroni localizzati nella substantia nigra (sostanza nera) del cervello.
Attualmente le malattie neurodegenerative sono condizioni incurabili e debilitanti, che comportano una progressiva degenerazione e / o morte delle cellule nervose, ma una recente ricerca potrebbe rappresentare una svolta importantissima.
Alzheimer, potrebbe essere tutta colpa di una proteina
I risultati appena divulgati dello studio di un team multidisciplinare dell’Istituto Italiano di Tecnologia, Iit, e dell’Università di Genova guidato da Fabio Benfenati, coordinatore del centro Nsyn-Iit, e Silvia Giovedì, ricercatrice dell’Università di Genova, in collaborazione con Flavia Valtorta dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, pubblicato sulla rivista «Cell Reports», aprono infatti la strada a ulteriori ricerche che potrebbero contribuire alla comprensione di numerose malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e alla messa a punto i strategie terapeutiche mirate.
I ricercatori hanno scoperto la proteina-guida del sistema nervoso: si chiama APache e aiuta i neuroni a crescere e a svilupparsi, a comunicare fra loro favorendo la formazione di nuove connessioni ed è anche indispensabile per garantire il funzionamento corretto delle connessioni una volta stabilite.
“Non conosciamo ancora esattamente il meccanismo con cui funziona questa proteina, lo stiamo studiando adesso”, ha detto Benfenati, ma già quanto si è scoperto finora è sufficiente per capire che si tratta di un elemento fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso.
La proteina è prodotta da “un gene che non si conosceva assolutamente – ha detto Benfenati – e che studi di bioinformatica avevano suggerito che potesse essere coinvolto con la formazione delle sinapsi”, ossia le connessioni che permettono ai neuroni di entrare in contatto e di comunicare tra loro.
Si è riscontrato come in pazienti affetti da Alzheimer il livello di questa proteina risulti anormale. Altra scoperta importante è che la proteina Apache non solo supporta i neuroni durante le fasi di crescita e sviluppo, ma fa sì che restino in vita in età ‘adulta’ quando creano la rete di interconnessioni con gli altri neuroni.
Gli studi del team di ricercatori IIT e dell’ Università di Genova si focalizzeranno ora sull’individuazione del ruolo di Apache nei meccanismi che sovraintendono alla ‘pulizia’ del sistema nervoso, che se non correttamente funzionanti possono causare la morte dei neuroni e l’insorgenza di patologie neurodegenerative ad oggi ritenute incurabili.