Alzheimer, lo stile vi dita per prevenire la malattia

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Prevenire e in ogni caso contrastare il morbo dell’Alzheimer puntando al proprio stile di vita? Questa potrebbe essere la strada giusta, almeno stando ad una ricerca presentata a Londra, nella quale si pone l’accento proprio sullo stile di vita del paziente utile, a quanto pare, a combattere ma soprattutto a prevenire questa terribile malattia, ma vediamo nel dettaglio tutte le informazioni:

Come cercare di prevenire e contrastare l’Alzheimer con lo stile di vita.

Si può cercare di prevenire l’Alzheimer con i comportamenti quotidiani? Forse sì. Uno studio condotto da una commissione di esperti voluta dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet, ha individuato una serie di fattori che possono ridurre la probabilità di contrarre l’Alzheimer addirittura del 35%.

La ricerca è stata da poco presentata alla Alzheimer’s Association International a Londra.

L’obiettivo del convegno era di ricerca di soluzioni e metodologie semplici e a basso costo per la diagnosi e l’individuazione di nuove terapie e comportamenti atti a evitare la malattia.

In questo senso sono state appurate delle cose interessanti. Per esempio aumentare il livello di istruzione fino dall’infanzia, evitare danni all’udito, prevenire l’ipertensione e l’obesità soprattutto negli adulti, sono tutti fattori che possono diminuire il rischio di demenza del 20%.

Inoltre, l’assenza o la riduzione del fumo, la cura della depressione, l’aumento dell’attività fisica e perfino lo sviluppo dei contatti sociali, oppure la prevenzione e la cura del diabete, sono altri fattori che portano alla diminuzione del rischio di un altro 15%.

Ma c’è inoltre un altro fattore importante. Il sonno insufficiente e/o la sua scarsa qualità, aumentando i livelli di proteine tau nel cervello, aumentano il rischio di portare alla demenza e all’Alzheimer.

Al momento sembra che siano circa 47 milioni le persone che nel mondo soffrono di demenza. Una stima attendibile ci dice che però queste potrebbero arrivare a essere 115 milioni entro il 2050.

Lon Schneider, studioso della University of Southern California, spiega: “Se fino ad ora gli studi si sono concentrati soprattutto sui farmaci, è importante andare avanti con le ricerche di natura preventiva o con gli approcci non farmacologici”.

Quest’approccio terapeutico che non prevede, almeno inizialmente, farmaci, in realtà non è nuovo.

Esistono vere e proprie scuole di pensiero che, sebbene a volte contestate, preferiscono quasi sempre un approccio che prevede supporti di tipo psicologico, sociale e ambientale.

Questo si mostra particolarmente utile per curare dei sintomi come agitazione e aggressività.

Parimenti, l’attività fisica e la stimolazione cognitiva, come noto e come ormai accertato, migliorano anche di molto le facoltà cognitive.

In definitiva, i medicinali vanno bene, ma bisogna associarli sovente a cure e terapie che prevedano un approccio di tipo preventivo con particolare riguardo allo stile di vita di ognuno. Molte malattie si prevengono e si curano anche così.

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