Come recita la definizione più comune, la vivisezione (dal latino vivus -a -um, vivo, e sectio -onis, taglio) è un metodo di studio e ricerca consistente in operazioni di dissezione effettuate su animali vivi.
Quando si fa riferimento a questa pratica si tende ad identificarla essenzialmente con un’epoca passata, quando la scienza non aveva raggiunto i livelli e la specializzazione odierna, e molte cose non potevano essere studiate e riprodotte con metodi alternativi.
Per tanti oggi la vivisezione non esiste più, ma è veramente così?
Per altrettanti, non è affatto così, soprattutto se si considera che tutti gli esperimenti compiuti su animali in laboratorio sono “vivisezione”.
Ogni anno solo in Italia circa 900.000 animali vengono utilizzati per prove spesso inutili, per testare prodotti che solo in un secondo tempo verranno utilizzati per gli esseri umani.
E chi pensa che si utilizzano solo topi e ratti, sbaglia di grosso: si usano infatti una grande varietà di animali, dai primati quali gli scimpanzé, fino ai cani, gatti e altri mammiferi.
In particolare, i cani sono usati soprattutto per le sperimentazioni contro il cancro ed i trapianti. La razza maggiormente utilizzata nella sperimentazione è quella dei Beagle, per via dell’indole particolarmente buona.
Per fortuna oggi esistono moltissime associazioni come la LAV che si battono quotidianamente per la difesa dei diritti degli animali.