Dolore e tumore al colon: la vitamina D è davvero utile

VEB

Il New England Journal of Medicine definisce la carenza di vitamina D (che colpisce circa il 6% della popolazione) al pari di una pandemia, alcuni medici stimano che quasi il 100% dei loro pazienti con dolore cronico è anche carente di vitamina D. Gli studi suggeriscono che la carenza di vitamina D è associata ad un più alto rischio di dolore, di contro quindi l’integrazione con vitamina D dovrebbe essere utile a ridurre il dolore; La rivista Pain ha pubblicato uno studio che dimostra che la l’integrazione di vitamina D3 ad alte dosi somministrata mensilmente ai pazienti in generale non migliora il dolore alla base ne riduce il numero di prescrizioni analgesiche, tuttavia, può aiutare i pazienti con una significativa carenza di vitamina D.

Quando si parla di vitamina D si intendono tutti i composti che presentano l’attività biologica del calciferolo e sono caratterizzati dall’essere dei derivati del ciclopentanoperidrofenantrene.

La primaria fonte di vitamina D è la luce solare e dovrebbe essere la prima scelta quando possibile. Fra i cibi invece il più ricco è sicuramente l’olio di fegato di merluzzo, seguito da altri oli di pesce, funghi e latticini. Ma nessuno di questi cibi consente di raggiungere un livello adeguato di vitamina D nel sangue mediante la semplice dieta, per cui è quasi sempre necessaria una integrazione fatta con supplementi di vitamina D3 (colecalciferolo).

Questa vitamina è fondamentale per l’assorbimento di calcio a livello intestinale, aiuta il riassorbimento del calcio e del fosforo a livello del tubulo contorto prossimale nei reni, è necessaria per la deposizione ossea del calcio, mentre legandosi ad uno specifico recettore regola l’espressione di molti geni.

È stato inoltre provato che la vitamina D riveste un ruolo fondamentale nella perdita di peso, sia negli adulti sia nei bambini.

Ma c’è di più: a quanto pare la vitamina D ci protegge anche dal tumore al color-retto, che è il più comune in Italia.

La conferma arriva da uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori provenienti da diversi continenti, Europa, America e Asia, pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute e intitolato “Circulating Vitamin D and Colorectal Cancer Risk: An International Pooling Project of 17 Cohorts” che ha preso in considerazione i risultati ottenuti da 17 studi di coorte realizzati in passato.

Nello specifico, per affrontare i risultati incongruenti di studi precedenti in materia, sono stati analizzati 5.700 casi di tumore del colon-retto e 7.100 casi controllo, appartenenti a 17 coorti e osservati per 5,5 anni.

In questo arco di tempo, rispetto ai soggetti con concentrazioni di vitamina D circolanti ritenute adeguate per la salute dell’osso, quelli con concentrazioni sub-ottimali hanno presentato un rischio maggiore del 31% di sviluppare un tumore del colon-retto. Livelli superiori a quelli ritenuti adeguati per la salute dell’osso sono stati associati a un rischio inferiore del 27%.

“Il rischio di sviluppare un tumore del colon-retto nel corso della vita è di una donna su 24 e di un uomo su 22; è la seconda causa di decessi attribuibili a tumore negli uomini e nelle donne” ha spiegato Sabina Sieri, epidemiologa presso la Fondazione Irccs-Istituto Nazionale dei Tumori e co-autrice dell’articolo.

Ma a quanto pare un ruolo chiave potrebbe avercelo appunto la Vitamina D.

Ed inoltre, il nuovo studio suggerisce che “le concentrazioni ematiche di vitamina D attualmente giudicate ottimali e raccomandate per la salute delle ossa”, comprese fra 50 e 62 nanomoli/litro, “potrebbero essere inferiori a quelle che sarebbero ottimali per la prevenzione del tumore del colon-retto (75-100 nmol/litro)”.

Ricordiamo che i tumori del colon-retto colpiscono il tratto finale del tubo digerente. Sono dovuti nella gran parte dei casi a una trasformazione in senso maligno di polipi, piccole escrescenze derivate dalla riproduzione incontrollata di cellule della mucosa intestinale.

Già diversi fattori ambientali e comportamentali sono stati associati a un aumento di rischio per il tumore del colon-retto. Numerose ricerche hanno infatti dimostrato che le persone che consumano grandi quantità di carni rosse e di insaccati, farine e zuccheri raffinati, poca frutta e verdura sono più esposte all’insorgenza della patologia. Lo stesso dicasi per i fumatori, i forti consumatori di alcolici, le persone in sovrappeso e sedentarie.

Il tumore del colon-retto è il primo tumore per insorgenza nella popolazione italiana: nel 2017 sono state effettuate circa 53mila nuove diagnosi. Il 58% delle persone colpite da un tumore del colon-retto risulta in vita a 5 anni dalla diagnosi, con una moderata tendenza all’aumento.

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