Lo avevamo già accennato nelle scorse settimane, quando si era diffusa la notizia, ma ora è arrivata la conferma: l’Organizzazione mondiale della Sanità ha a tutti gli effetti dichiarato che la dipendenza da videogame si può considerare una patologia.
Nello specifico, l’Oms ha inserito la dipendenza da videogiochi nella prossima revisione della International Classification of Diseases, la “lista ufficiale” delle malattie, prevista per metà anno.
Lo ha annunciato la stessa Organizzazione in un post sul proprio sito.
Oggigiorno persone di ogni età, sesso e classe sociale utilizzano videogiochi nel tempo libero. I videogiochi presentano aspetti positivi quali autocontrollo e migliore gestione delle emozioni connesse all’esercizio di un compito, migliore comprensione dei compiti da svolgere, sviluppo e maturazione del soggetto (rapida capacità decisionale, personalità, maggiore iniziativa), apprendimento relativo a terminologie tecniche e a modalità procedurali a cui si riferiscono le competizioni giocate.
Ma attenzione: se utilizzati in eccesso, i videogame portano allo sviluppo di forme di disagio che, soprattutto in personalità predisposte, possono evolvere in problematiche psicopatologiche come la dipendenza
Il “gaming disorder”, si legge sul sito web dell’Oms, racchiuderà una serie di comportamenti caratterizzati da una mancanza di controllo sul gioco, dalla precedenza data al gioco rispetto alle altre attività e interessi quotidiani, e all’escalation del problema nonostante il manifestarsi delle conseguenze negative.
In molti Paesi la dipendenza da videogiochi è già considerata una patologia ed è oggetto di terapie. L’inserimento nella lista ufficiale delle malattie riconosciute dall’Oms è comunque un passo fondamentale per diversi motivi: ad esempio sul fronte della raccolta dei dati, della elaborazioni di statistiche e trend, dell’individuazione di metodi uniformi per la diagnosi e la cura. Non solo: incoraggerà tutti gli Stati a elaborare linee guida nazionali e a stanziare apposite risorse non solo per la cura ma anche per la prevenzione.
Videogame Oms conferma: patologia che crea dipendenza
Naturalmente, come per tutte le patologie, ci sarà bisogno di un parere medico: il disturbo comportamentale viene diagnosticato a seguito di una serie di sintomi ben precisi, tra cui la compromissione delle normali funzioni personali, familiari, sociali e lavorative per un periodo di almeno un anno.
E non bisogna lasciarsi trasportare da facili allarmismi: passare qualche ora dinanzi ad un videogame non vuol certamente dire esserne dipendenti o rischiare grosso.
Nel posto l’Oms ha infatti aggiunto come il fenomeno interessi solo una parte marginale dei soggetti che utilizzano i videogiochi anche se la consapevolezza dei rischi a cui si va incontro è indispensabile.
Ma quando si può considerare un “soggetto a rischio“? L’OMS non ha tuttora fornito una risposta soddisfacente, se non quella di fornire una lista di problemi o sintomi fisici che possono essere riconducibili tanto al gaming disorder tanto alla ludopatia.
Uno stile di vita sedentario, un’alterazione di vista e udito, problemi muscoloscheletrici, fino ad arrivare ad infortuni ed infezioni di vario genere. Dal punto di vista psicosociale, invece, possiamo trovare problemi come il cyberbullismo, uno sviluppo sociale ostacolato, la deprivazione del sonno, comportamenti aggressivi, fino ad arrivare alla depressione ed al suicidio.
Ricordiamo che la dipendenza da videogioco era classificata come una dipendenza comportamentale dal maggio 2013, quando l’American Psychiatric Association (APA) aveva proposto i criteri per la dipendenza da videogiochi nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, giungendo alla conclusione che non vi erano prove sufficienti per inserirlo come un disturbo mentale ufficiale. Tuttavia, i criteri proposti per l’Internet Gaming Disorder erano incluse nella sezione 3, Conditions for Further Study, cioè nelle condizioni per ulteriori studi.