È indubbio che in Italia i poveri sono in continuo aumento: lo ha certificato anche l’Istat, secondo cui i poveri assoluti, quelli che non riescono nemmeno ad assicurarsi un pasto o un tetto sulla testa, sono ormai più di 5 milioni.
Ma i disperati sono anche di una miriade di altre nazionalità, arrivati in Italia in cerca di fortuna e che invece hanno trovato solo fame ed emarginazione.
Allora, un povero italiano vale più di un povero straniero? Vale meno? Come si decide chi aiutare e chi no?
Dilemmi etici che sono venuti in queste ore a galla per una storia che viene da Mira, in provincia di Venezia, dove un benefattore ha lasciato un’offerta alla Caritas ma ad una condizione: per gli “italiani in primis” e “gli stranieri per ultimi”.
Nello specifico il denaro era contenuto in una busta, depositata nella cassetta dell’organismo pastorale della Cei, e riportava le condizioni scritte dal donante: “Pro anziani, malati, al freddo o alla fame, italiani da sempre, in primis! Gli stranieri per ultimi!”.
Il fatto è stato rivelato da don Gino Cicutto, a capo della collaborazione pastorale di San Nicolò e San Marco a Mira (Venezia), sul foglio parrocchiale, che però non ha gradito ed anzi ha invitato l’anonimo a riprendersi i suoi soldi.
“Quanto era scritto sulla busta – scrive don Cicutto – mi ha profondamente amareggiato e umiliato. Queste parole ripropongono slogan che siamo abituati a sentire, ma non hanno niente a che fare con la fede e la vita cristiana che considera i più poveri tra i primi, senza guardare il colore della pelle o la provenienza.
La persona che ha scritto queste parole deve interrogarsi seriamente sul suo essere cristiano, e se non è d’accordo su quello che è la vera carità, può passare per la canonica a riprendersi la sua ‘offerta’; eventualmente può consegnarla a chi la pensa come lui, ma non deporla davanti al Signore”, chiosa il parroco.