Stampa 3D, sempre più all’avanguardia gli utilizzi in medicina

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Per coloro che non ne avessero ancora sentito parlare, la stampa 3D, nota anche come produzione additiva, è un processo con il quale vengono creati oggetti fisici mediante la deposizione di materiale a strati, partendo da un modello digitale. Tutti i processi di stampa 3D richiedono l’utilizzo congiunto di software, hardware e materiali.

In sostanza, con la stampa in 3D è possibile dunque realizzare oggetti tridimensionali dalle forme complesse utilizzando moltissimi materiali differenti (come alumide, argento, ceramica smaltata, resina verniciata e persino cioccolato) che, strato su strato, vengono applicati fino a modellare la forma desiderata.

L’ambito d’azione delle stampanti 3D è stato fin dall’inizio quello industriale. Questo tipo di macchinario può infatti essere impiegato per la realizzazione di prototipi in modo relativamente rapido e poco costoso. Ciò consente ad ingegneri e designer di toccare con mano le loro creazioni senza bisogno di avviare un vero e proprio processo produttivo.

Negli ultimi anni le cose sono un po’ cambiate. La stampa 3D non è più un’esclusiva delle grandi aziende, ma ha raggiunto anche l’ambito domestico. Per avere un’idea del trend, il popolare portale svedese The Pirate Bay ha aperto all’inizio del 2012 una sezione dedicata proprio alla condivisione dei file da dare in pasto a questa tipologia di stampanti, per realizzare modelli di qualsiasi tipo: dai giocattoli ai modellini, passando per loghi, rappresentazioni di quadri in tre dimensioni e molto altro ancora.

Anche la medicina sta guardando con sempre maggiore interesse a queste tecnologie: si è già parlato più volte della possibilità di stampare protesi o addirittura interi organi, con ricerche già avviate anche sulla riproduzione di tessuti e vasi sanguigni da impiantare nei pazienti laddove le tecniche tradizionali non dovessero rivelarsi efficaci.

Stampa 3D avanguardia gli utilizzi in medicina

Ma gli utilizzi in campo medico sono potenzialmente infiniti e lo dimostrano i risultati di un recente intervento: la tecnica della stampa in 3D ha infatti dato la possibilità di ridurre in modo decisivo l’invasività di un intervento per rimuovere una massa tumorale.

È accaduto qualche giorno fa all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze quando un tumore benigno della base cranica, che aveva compromesso la funzionalità del nervo ottico di una ragazza di sedici anni, è stato rimosso senza che ci fosse la necessità di “toccare” il cervello della paziente.

Nello specifico, grazie a un lavoro preparatorio su un modello realizzato con la stampa tridimensionale, il team di neurochirurgia pediatrica, con il chirurgo Federico Mussa, è riuscito a individuare un percorso alternativo per il bisturi, che ha permesso all’équipe di raggiungere la massa in modo molto meno invasivo rispetto a quanto avveniva in passato.

Per ottenere questo risultato, spiega una nota del Meyer, è stato necessario “un lungo e meticoloso lavoro di pianificazione“, che, oltre ai neurochirurghi, diretti da Lorenzo Genitori, ha coinvolto alcuni degli ingegneri di T3DDY, il laboratorio congiunto istituito dal Meyer con il dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Firenze: al lavoro Monica Carfagni, responsabile del laboratorio, Yary Volpe e Francesca Uccheddu.

Le immagini ottenute dalla risonanza magnetica e dalla tac hanno permesso di riprodurre con estrema precisione, all’interno di questo modello, la massa tumorale e il nervo ottico della paziente. Una sorta di test con un intervento simulato, ha poi chiarito quale fosse il percorso più soft da seguire per l’intervento.

Grazie all’impiego della stampa 3D in ambito chirurgico, dunque,  l’operazione è stata effettuata con successo senza l’utilizzo alcuno di bisturi o di strumenti invasivi.

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