La sindrome sgombroide è una intossicazione risultante dall’ingestione di pesce alterato, che, essendo dovuta prevalentemente all’alto tenore di istamina, si manifesta con una sintomatologia simile a quella di una allergia.
Il suo nome è evocativo, e richiama la specie di pesce responsabile dei numerosi disturbi che determina: sindrome sgombroide, da sgombro, appunto. Ma questo non è l’unico pesce “incriminato”, anzi.
Le specie di pesce “colpevoli” della sindrome sgombroide sono costituite principalmente da tonno, sgombro, sardina, acciuga e aringa, tutti pesci ricchi di istidina, un amminoacido che, a causa di alcuni germi presenti sulla superficie della loro pelle (scaglie e lamelle) oppure all’interno del loro intestino, si trasformano in istamina.
Una volta prodotta, l’istamina non viene più degradata, neanche dalla cottura o dopo altre tecniche di conservazione (congelazione, inscatolamento, affumicatura). Va sottolineato inoltre che il pesce contaminato da elevate dosi di istamina non perde le sue caratteristiche organolettiche, risultando quindi dello stesso gusto del pesce correttamente conservato e privo di tossicità
Le manifestazioni della sindrome compaiono entro 10-30 minuti dall’ingestione del pesce ricco di istamina, e consistono in eritema, cefalea, crampi addominali, nausea, diarrea, palpitazioni. Talora si manifesta iperpiressia (febbre ndR) e possono comparire tachicardia e ipotensione o ipertensione.
Alcune persone possono accusare sintomi più violenti: la violenza della reazione dipende sia dalla reattività individuale all’istamina che dalla quantità di istamina stessa che si libera nel pesce ingerito.
Il trattamento prevede supporti vitali alla respirazione con l’infusione di liquidi. Gli antistaminici sono i farmaci di elezione per questa patologia.
Naturalmente molto dipende dalla tempestività delle cure, tanto che si può rischiare persino la morte: il pericolo nelle scorse ore ha riguardato due coniugi di Torino, colpiti da intossicazione da istamina dopo avere consumato a casa tonno fresco proveniente dalla Spagna e acquistato in una pescheria cittadina.
Per fortuna i due se la sono cavata con un passaggio fuori programma in ospedale, dove sono stati trattati con cortisone e antistaminici. Le analisi, condotte dal laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico di Torino diretto dalla dottoressa Lucia Decastelli, hanno rilevato la positività alla sindrome sgombroide in diversi campioni: nei residui del pasto, nella pescheria e dal grossista (stesso lotto in confezione integra). In tutti i campioni sono stati trovati alti livelli di istamina.
E il loro caso non è neppure raro: almeno un centinaio i casi registrati in Spagna l’anno scorso, alcuni anche in Italia, al punto da spingere il Ministero della Salute spagnolo (Aecosan) a diramare un comunicato, ripreso sul sito del Ministero italiano, che puntava l’attenzione sul rischio da intossicazione alimentare legato al consumo di tonno fresco con alti livelli di istamina.
«Si invita chi avesse acquistato tonno fresco, a partire dal 25 aprile 2017, a contattare gli esercizi di vendita dove lo ha acquistato per verificare se trattasi del prodotto e in tal caso a non consumarlo», riportava la nota.
Comunque si tratta del primo caso che quest’anno si verifica in Piemonte. Altra particolarità: questa volta, grazie alla rapidità degli accertamenti, è stato possibile stabilire un collegamento diretto tra il cibo consumato e la tossina, presente nei campioni in quantità superiori di sei volte rispetto alla soglia di sicurezza.