Sempre più spesso, quando si parla di musulmani ed in particolar modo della frangia più estremista, quella cioè che vive interpretando alla lettera tutti gli insegnamenti contenuti nel Corano o dettati dal profeta Maometto, si fa riferimento alla “Sharia”.
Ma essenzialmente di cosa si tratta?
Concetto complesso e difficile da rendere, viene comunemente considerata come “La legge di Dio”, ma in realtà è un universo di riferimenti etici, comportamentali e consuetudinari utili a plasmare la condotta dei musulmani, più che un elenco di leggi simili al nostro codice penale e civile.
Dando una definizione quanto più semplificata possibile, con questo termine si intende il complesso di norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica. La Sharia contiene i comandamenti della volontà divina applicati a ogni circostanza dell’esistenza.
Essa è la legge secondo la quale Dio vuole che vivano i Musulmani, quindi essa è una guida che abbraccia ogni aspetto particolare della vita e dell’agire umani.
Se fonti della legge islamica sono generalmente considerate il Corano (190 versi su 6236 totali), la Sunna (ovvero gli ʾaḥādīth del Profeta), il consenso della comunità dei credenti (ijmāʿ) e l’analogia giuridica (qiyās), la sharia accetta solo le prime due fonti in quanto divinamente prodotte o ispirate.
In alcuni Stati la Sharia costituisce una fonte di diritto primaria, tra questi Iran e Arabia Saudita: qui la sharia si sovrappone al fiqh, l’interpretazione secondo la legge sacra della giurisprudenza islamica affinché possa somigliare quanto più possibile alla “Legge di Dio”, che, tuttavia, data la sua entità divina, non è conoscibile agli uomini.