Savona, il paziente non vuole l’anestesista donna e se ne torna a casa.
Chi dice che siamo ancora un popolo ginofobico? Chi dice che discriminiamo? Forse i fatti, posto che non crediamo che la maggioranza degli uomini sia avverso al mondo delle donne.
La questione in verità si presenta in termini molto pesanti nel mondo del lavoro, dove certe discriminazioni, dichiarate o non dichiarate, sono davvero ancora notevoli.
E’ sotto gli occhi di tutti la grande difficoltà del mondo femminile a farsi strada nell’universo del lavoro dipendente e in quello delle libere professioni.
Considerare la donna come un oggetto sessuale prima ancora che un collega di lavoro, è tutt’altro che una rarità, specialmente se la donna stessa è minimamente avvenente. All’ospedale di Savona ne è successa una grossa, mercoledì 12 luglio.
Un signore che stava per essere operato di ernia inguinale, un settantenne, preso atto che come anestesista c’era una femmina e non un maschio, ha deciso di non farsi più operare.
Il primario chiama la sua anestesista e la mette al corrente della delicata questione, non senza mostrarsi alterato al telefono.
La signora anestesista raccoglie armi e bagagli e, cercando di contare prima fino a dieci, decide di scendere giù dal settantenne neofemminista per chiedere spiegazioni. Chiede al paziente quale sia il problema.
E il settantenne, con molta nonchalance, ripete quello che aveva già detto al primario, e cioè che aveva sentito dire che le anestesiste al San Paolo di Savona non sono brave.
Per ratifica e conferma di quanto sopra la moglie, femminista di secondo pelo, ci mette il carico da novanta, da donna a donna: “Non ci faremo mettere le mani addosso da una donna”.
A parte l’encomiabile senso di solidarietà col marito, estrinsecato con un reciso plurale nemmeno tanto maiestatis, la coppia non ne vuol proprio sentir parlare di farsi operare, né singolarmente, né in tandem.
La anestesista non può che confermare quello che le aveva anticipato il primario: in sala operatoria deve andarci lei e solo lei, altrimenti possono, sempre in tandem se vogliono, firmare la cartella di dimissioni e cercarsi una struttura privata, dove magari sono in grado di esigere cose che una struttura pubblica non si può permettere. Ben detto.
Il paziente, o i pazienti, sono tornati a casa, probabilmente anche contenti per aver tenuto il punto.
E l’ospedale addebiterà loro le spese delle analisi per l’intervento. I due, o lui solo, non si è capito bene, ora sono liberi di farsi mettere le mani addosso da un uomo vero.