Richard Gere, ospite a Roma, ha affrontato temi delicati parlando alla stampa.
Il divo di tante pellicole è arrivato nella capitale per presentare “Franny”, in sala il 23 dicembre: la pellicola, che vede l’esordio alla regia dello sceneggiatore Andrew Renzi, è la storia di un milionario filantropo che nella vita ha investito i suoi soldi in un ospedale pediatrico a misura di bambino, ma ben poco nelle relazioni umane.
Un personaggio sfumato e complesso quello di Franny, che Gere ha detto avere qualcosa di Howard Hughes e dell’Ernest Hemingway più tardo e trasandato, ma che non ha voluto etichettare: “non m’interessava giudicarlo, bollarlo come psicotico, o come omosessuale represso,” ha detto. “Perché non è rilevante ai fini della storia, e perché le cose, e le persone, sono più complesse di così. E volevo anche condire la storia di quello humor che per me è sempre indispensabile, anche quando magari è nero. La vita è difficile e complessa, e io voglio affrontare personaggi che possano rispecchiare la complessità della vita: non conosco nessuno di semplice, nulla è semplice. E poi, difficile è più divertente, non è così?”
Ospite di Che Tempo Che Fa su Rai 3 ha parlato con Fabio Fazio della reazione agli attentati terroristici di un mese fa a Parigi: “Dobbiamo fare una cosa difficile e che ci spaventa molto: capire qual è il punto di vista dei ‘cattivi’, perché tutti nell’universo cerchiamo la felicità, ciascuno in modo diverso: alla fine anche i ‘cattivi’ si possono redimere”.
Il Divo ha anche paragonato le figure del suo amico di lunga data, il Dalai Lama, e di Papa Francesco: “Guardate la gioia in questi visi! Ho come la sensazione che abbiano molte cose in comune, perché loro vogliono la nostra felicità, non parlano per loro stessi: mi piacerebbe che si incontrassero”.