Ti è mai capitato di avere una conversazione in cui l’interlocutore finisce sempre per parlare solo di sé? Che si tratti di un amico, un collega o un conoscente sui social, capita spesso di trovarsi davanti a chi trasforma ogni dialogo in un monologo personale. Ma cosa c’è davvero dietro questa abitudine? La psicologia ci offre risposte interessanti, che vanno ben oltre la semplice vanità.

Il bisogno di essere validati dagli altri
Una delle spiegazioni più diffuse è il desiderio di approvazione esterna. Parlare continuamente di sé, dei propri successi o delle proprie difficoltà, può essere il segnale di una insicurezza interiore. In questi casi, la persona cerca conferme e rassicurazioni attraverso l’attenzione e le reazioni degli altri.
Ad esempio, raccontare una promozione lavorativa può non essere solo un momento di condivisione, ma anche un modo per sentirsi riconosciuti e apprezzati. Questo meccanismo è spesso legato a esperienze passate di scarso supporto emotivo, come critiche ricevute durante l’infanzia, che spingono a compensare con l’ammirazione altrui in età adulta.
Egocentrismo e mancanza di empatia: quando il dialogo diventa unilaterale
In altri casi, il parlare costantemente di sé può essere sintomo di tratti egocentrici o narcisistici. Chi presenta una bassa empatia ha difficoltà a mettersi nei panni altrui e tende a dominare la conversazione, ignorando i segnali sociali che indicano un disequilibrio nella comunicazione.
Questo tipo di atteggiamento può generare frustrazione negli interlocutori, che si sentono messi da parte. In situazioni più estreme, potrebbe addirittura indicare la presenza di disturbi della personalità, che richiedono l’intervento di uno specialista.
Parlare di sé come meccanismo di difesa
La psicologia ci dice anche che l’eccessiva auto-narrazione può essere una forma di difesa. Chi è particolarmente ansioso nelle interazioni sociali può utilizzare la strategia del parlare di sé per mantenere il controllo sulla conversazione ed evitare temi potenzialmente scomodi o imprevedibili.
Allo stesso modo, alcune persone usano il racconto personale come “riempitivo” per colmare silenzi che generano imbarazzo o paura del rifiuto. In questi casi, l’autocentratura è più un modo per sentirsi al sicuro che un vero e proprio atteggiamento egocentrico.
Il ruolo della cultura e dei social media
Anche il contesto culturale e sociale ha un impatto importante. In società che esaltano l’individualismo e l’autopromozione, come quelle occidentali, il parlare di sé viene spesso incoraggiato. I social network, in particolare, amplificano questo comportamento, premiando chi condivide dettagli della propria vita con like, commenti e visibilità.
D’altro canto, in culture più orientate alla collettività, dove l’armonia del gruppo è prioritaria, l’auto-esaltazione è meno tollerata e quindi meno diffusa. Questo dimostra quanto il contesto influenzi le abitudini comunicative delle persone.
Come gestire chi parla solo di sé (e come migliorarsi)
Se ti relazioni con qualcuno che tende a monopolizzare le conversazioni, la chiave è l’empatia. Invece di giudicare, prova a capire cosa si cela dietro quel comportamento: può essere un bisogno inascoltato o una forma di insicurezza. Mantenere un atteggiamento paziente e assertivo può aiutare a riequilibrare il dialogo.
Per chi invece riconosce in sé questa tendenza, l’auto-riflessione è fondamentale. Chiedersi “Sto ascoltando davvero l’altro?” oppure “Perché sento il bisogno di raccontarmi così tanto?” può aprire la strada a un cambiamento positivo. In alcuni casi, percorsi terapeutici o attività in gruppo possono essere d’aiuto per sviluppare empatia e ascolto attivo.
Conclusione
Parlare di sé non è di per sé un errore. È umano, naturale e spesso utile. Ma quando diventa eccessivo, può nascondere dinamiche psicologiche complesse. Comprendere le motivazioni dietro questo comportamento permette di costruire relazioni più autentiche e comunicazioni più equilibrate.