Una recente vicenda in Cina ha visto un’azienda rivelare una serie di messaggi intercorsi tra il suo servizio clienti e una donna che sosteneva che sua figlia fosse rimasta incinta dopo aver indossato biancheria intima acquistata dall’azienda stessa.
L’azienda, che ha scelto di mantenere l’anonimato, ha deciso di rendere pubbliche queste conversazioni per mettere in guardia contro tentativi di danneggiare le imprese con accuse infondate.
La donna, affermando di aver comprato la biancheria intima su Taobao, una delle principali piattaforme di e-commerce cinesi, si è lamentata con il servizio clienti, sostenendo che l’unico modo in cui sua figlia avrebbe potuto concepire era attraverso l’uso di quel particolare capo di biancheria.
Nonostante il personale cercasse di spiegare alla cliente che ciò era fisiologicamente impossibile, la donna ha continuato a insistere, chiedendo una spiegazione plausibile. Di fronte all’irremovibilità della cliente, il servizio clienti ha risposto spiegando che il personale della fabbrica era composto esclusivamente da donne e che il direttore, che era stato sottoposto a vasectomia, non poteva essere in alcun modo coinvolto nella vicenda.
La donna, tuttavia, ha continuato a sostenere la sua versione in una chat privata, ma l’azienda ha risposto che la biancheria intima non può in alcun modo essere un vettore di gravidanza.
Preoccupata che la donna potesse diffondere pubblicamente questa storia, l’azienda ha deciso di pubblicare essa stessa i messaggi sui social media, per dimostrare l’assurdità delle affermazioni. Come previsto, il post è diventato virale, suscitando commenti ironici e speculazioni su come la ragazza fosse realmente rimasta incinta.
Alcuni utenti hanno suggerito che la ragazza stesse nascondendo la verità per evitare punizioni, mentre altri hanno proposto teorie ancora più stravaganti, come la possibilità che fosse rimasta incinta nuotando in una piscina pubblica.
Successivamente, il CEO dell’azienda ha cercato di contattare direttamente la donna per ottenere maggiori informazioni, ma ha scoperto che il numero di telefono apparteneva a un’influencer, probabilmente alla ricerca di visibilità attraverso uno scandalo inventato.
“Disprezzo questo tipo di persone“, ha scritto il CEO, accusando la donna di aver fabbricato la storia solo per attirare l’attenzione, senza considerare il potenziale danno che tale diffusione di false informazioni potrebbe arrecare alle aziende come la sua.
Queste false accuse, infatti, potrebbero seriamente compromettere l’attività di un’azienda o addirittura costringerla a chiudere.