Durante gli anni ’80, uno dei problemi più allarmanti era l’ampliamento del buco nell’ozonosfera. Questa anomalia contribuiva all’accelerazione del disgelo dell’Antartide. Molti ritenevano che il problema fosse stato affrontato con il divieto delle bombolette spray contenenti CFC, ma recenti scoperte suggeriscono diversamente.
![Non e vero che il buco ne ozono si stava chiudendo](https://veb.it/wp-content/uploads/2023/11/Non-e-vero-che-il-buco-ne-ozono-si-stava-chiudendo.webp)
Un’indagine realizzata in Nuova Zelanda ha messo in luce che il buco nell’ozono potrebbe non solo non tornare, ma addirittura espandersi. Questi risultati hanno sorpreso persino Hannah Kessenich, ricercatrice principale dell’Università di Otago, che ha definito la situazione “straordinariamente critica”.
La ricerca, pubblicata su Nature Communications, si è concentrata su strati specifici dell’ozonosfera, usando dati satellitari tridimensionali. I risultati contraddicono altri studi che analizzavano l’ozonosfera nel suo insieme.
Il Protocollo di Montreal del 1987 aveva come obiettivo il divieto dei CFC, e dal 2004 si è registrato un calo del 26% nel nucleo del buco dell’ozono durante i mesi primaverili. Tuttavia, il presunto recupero ora viene messo in discussione.
Questo buco, che raggiunge i 26 milioni di chilometri quadrati, ha un impatto significativo sul clima globale, influenzando fenomeni come tempeste e incendi.
Kessenich ammette che c’è ancora molto da scoprire sui meccanismi che influenzano il buco nell’ozono. Nonostante le variazioni annuali, la situazione richiede ulteriori ricerche.
Il buco nell’ozono influisce particolarmente su Australia e Nuova Zelanda, provocando clima estremo e precipitazioni insolite.
Attualmente, la sorveglianza del buco è a rischio a causa del prossimo disattivamento del satellite Aura della NASA, fondamentale per l’imaging. Altre fonti di dati satellitari rimangono disponibili, ma non possono fornire le stesse immagini 3D dettagliate.