Plutone è più vicino rispetto al passato, tutto questo grazie alla sonda che ci ha inviato le prime foto della superficie, qualcosa di incredibilmente importante e che ci permette di avere una visione sempre più specifica del nostro sistema solare.
La data storica è il 14 luglio alle ore 13:49: la sonda New Horizons ha “abbracciato” Plutone, l’ultimo pianeta del Sistema Solare ancora ignoto all’uomo, e ha inviato le immagini rubate alla Terra, distante qualcosa come 5 miliardi di km di distanza.
La sonda ha raccolto tutta una serie di dati sulla morfologia e l’atmosfera di Plutone e di Caronte nell’arco delle 24 ore in cui ha eseguito il fly-by alla minima distanza possibile prevista dalla missione (12.000 Km circa), ed ora la Nasa ha potuto comunicare le prime scoperte fatte.
Come ha raccontato all’ANSA Fabrizio Capaccioni, dell’Istituto di astrofisica e planetologia dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Iaps-Inaf), nel bordo inferiore del ‘cuore’ di Plutone ci sono le grandi montagne di ghiaccio alte fino a 3.500 metri e la superficie giovane osservata dalla sonda New Horizons della Nasa durante il sorvolo ravvicinato è l’indizio che sul pianeta nano vi è un’attività vulcanica.
A differenza dei vulcani presenti sulla Terra che eruttano lava, quelli ipotizzati su Plutone eruttano ghiaccio, azoto, metano e monossido di carbonio (criovulcani) ringiovanendo la superficie del pianeta nano.
“La missione ha avuto 9 anni per alimentare le aspettative su cosa avremmo visto nel momento dell’incontro ravvicinato. Oggi abbiamo ottenuto il primo campione di quel tesoro scientifico raccolto durante quei critici momenti, e vi posso dire che supera di gran lunga le aspettative”, ha dichiarato John Grunsfeld, ex-astronauta attualmente membro del consiglio d’amministrazione delle missioni scientifiche della NASA.