La parola d’ordine è una sola ed è l’unica che può aiutare a salvare sempre più vite: prevenzione.
Se i dati confermano come la neoplasia alla mammella non è più una patologie mortale per sempre più donne, diventa proprio per questo essenziale sottoporsi a controlli regolari e accurati, per scoprire la malattia nei suoi primi stadi ed avere una percentuale di guarigione altissima.
Il messaggio è arrivato dal Convegno internazionale sui nuovi farmaci per il cancro al seno che si è aperto all’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, con oltre 200 esperti da tutto il mondo: la mortalità per tumore del seno è diminuita di quasi il 30% in 23 anni, dal 1989 al 2012, ed oggi ben 693mila donne vivono grazie a diagnosi precoce e nuove terapie.
«È migliorata anche la durata della sopravvivenza nelle pazienti con patologia in stadio avanzato. Le terapie target hanno determinato benefici evidenti, in termini di riduzione della mortalità ma soprattutto di miglior qualità di vita. Le molecole a bersaglio, inoltre, possono essere impiegate in pazienti selezionate, con un utilizzo estremamente mirato e appropriato delle risorse. Va quindi affinata la ricerca sui marcatori biologici così da trattare solo chi sappiamo ha maggiori possibilità di rispondere», ha spiegato il professor Francesco Cognetti, direttore dell’Oncologia Medica del Regina Elena e presidente del Convegno.
Nel 2015 sono stimati in Italia circa 48 mila nuovi casi di tumore del seno, che resta la più frequente causa di morte per cancro nelle donne anche tra i 40 e i 50 anni. Tuttavia, in quindici anni le percentuali di guarigione sono cresciute di circa il 10%, passando dal 78 all’ 87 per cento.
Purtroppo ancora troppe donne, nonostante i passi in avanti e l’incremento della durata della loro vita, non ce la fanno. Da qui la necessità di ottimizzare i trattamenti disponibili e individuare nuove soluzioni. Le terapie target hanno determinato benefici evidenti, in termini di riduzione della mortalità ma soprattutto di miglior qualità di vita.