Se per molto tempo si è pensato che i neonati non provassero dolore, un recente studio è invece arrivato a confermare che i neonati non solo provano lo stesso dolore degli adulti, ma hanno anche una soglia più bassa.
Nello specifico, i ricercatori hanno visto che l’attività cerebrale provocata da un dolore in un neonato è molto simile all’attività che si sviluppa negli adulti. Questo suggerisce che le esperienze di dolore siano quasi uguali.
Ma quello che differenzia adulti e bambini è la padronanza lessicale: i neonati infatti non possono esprimere a parole il loro dolore, ed il pianto può essere riconducibile a diversi fattori, non sempre facilmente individuabili.
Per fortuna la scienza sta continuando a fare passi da gigante, e sta cercando anche un modo per riuscire a capire, in modo tempestivo, quando e quanto soffrono i neonati.
Neonati, arriva una app per misurare il dolore
È stato, ad esempio, inventato e sperimentato con successo un innovativo e rivoluzionario metodo con tecnologia wireless tramite app e smartphone per monitorare il dolore ed i parametri vitali (frequenza cardiaca e respiratoria) del neonato, presso la Neonatologia dell’ospedale Mauriziano di Torino.
“I neonati – evidenzia una nota della Città della Salute di Torino -, soprattutto se nati prima del termine e ricoverati in Terapia Intensiva, rappresentano purtroppo una categoria di pazienti pediatrici spesso sottoposti a procedure dolorose. L’incapacità dei bambini molto piccoli di comunicare verbalmente rende particolarmente difficile valutare l’entità del dolore provato da questi pazienti. Riconoscere e di conseguenza trattare adeguatamente il dolore nel neonato è necessario non solo per motivazioni etiche o legislative (la Legge 38 del 15.03.2010, Art. 7 prevede l’obbligo di monitorare sistematicamente il dolore quale quinto parametro vitale nei soggetti ospedalizzati e di riportarne in cartella clinica caratteristiche ed evoluzione nel corso del ricovero), ma anche perché è dimostrato da studi scientifici come il dolore ripetitivo in una fase precoce dello sviluppo del sistema nervoso possa comportare effetti dannosi a breve e lungo termine (ad esempio una ridotta soglia del dolore in età adulta)”.
«Crediamo molto in questo progetto, che ha visto la collaborazione multidisciplinare di molte figure professionali. L’obiettivo finale non è sostituire il medico o l’infermiere pediatrico nell’assistenza al piccolo malato, ma mettere la tecnologia al servizio del clinico. Monitorare la frequenza cardiaca e respiratoria con tecnologia wireless contribuirà notevolmente al benessere del neonato che verrà finalmente «liberato» da fili e sensori i quali, oltre a lesionare la pelle fragile del bimbo molto piccolo, possono limitare il contatto fisico con la mamma ed il papà», hanno chiarito invece i neonatologi dell’ospedale Mauriziano di Torino.
Il sistema, descritto come “automatico e non invasivo”, si basa essenzialmente su tecniche di analisi della mimica facciale del neonato e sulla contemporanea misurazione della saturazione di ossigeno, della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria.
Il tutto senza alcun fastidio per il bambino, semplicemente attraverso la videoregistrazione del volto e delle smorfie facciali tramite una telecamera posta in prossimità dell’incubatrice – per i neonati ricoverati in terapia intensiva – o del fasciatoio, su cui vengono eseguite le procedure dolorose come i prelievi di sangue per i neonati non prematuri.
Questo straordinario risultato è stato presentato in anteprima a Barcellona ed è il frutto della collaborazione tra medici e infermieri pediatrici, ingegneri dell’Istituto Superiore Mario Boella, statistici del Dipartimento di Matematica ed epidemiologi del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università degli Studi di Torino.