Nella Turchia di Erdogan continua la persecuzione dei giornalisti contrari al regime.
Non si ferma la repressione di Erdogan il dittatore, con la sistematica violazione dei diritti dell’informazione e il conseguente bavaglio imposto a sostegno di quella che ha sempre più il sapore di una dittatura vecchio stampo di tipo sudamericano.
Ovviamente a Recep Tayyip Erdogan l’ingresso in Europa non interessa più, anche perché se prima aveva poche possibilità di entrare, ora non ne ha più nessuna.
E, infatti, avendo capito perfettamente ciò, ultimamente si è avvicinato a quello che era fino a poco tempo fa il suo acerrimo nemico Putin.
L’autocrate turco stavolta non se l’è presa solo con i tradizionali nemici nel campo dell’informazione, sia musulmani sia Curdi; stavolta si è spinto perfino ad accusare e arrestare quindici giornalisti del quotidiano laico e riformista Cumhuryet.
Questo ha incrinato ulteriormente anche i rapporti col tradizionale alleato Nato Usa.
John Kirby, portavoce del Dipartimento di Stato, ha affermato in conferenza stampa: “Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per quello che sembra essere un giro di vite sui mezzi di comunicazione d’opposizione in Turchia”.
E il Presidente del Parlamento Europeo, Martin Shulze, ci ha messo il carico da novanta in un Tweet: “Con la detenzione di Murat Sabuncu e di altri giornalisti, Ankara ha oltrepassato un’altra linea rossa della libertà d’espressione”.