Lo scrittore romano Seneca, vissuto dal 4 avanti Cristo al 65 dopo Cristo, ne parlava riuscendo a notare come gli oggetti visti attraverso un recipiente d’acqua, apparivano ingranditi, quello che poteva essere il primo “progetto” di microscopio, fermo restando che utilizzando delle lenti di vetro con facce convesse il risultato appariva nettamente superiore, ma oggi il microscopio è diventato un oggetto altamente tecnologico tanto da diventare addirittura tascabile, ottimo per riuscire a ritrovarsi le diagnosi direttamente a casa.
Il primo semplice microscopio era composto da una semplice lente, un tubo e un piattino sul fondo. Ciò dava circa 10 ingrandimenti. Ma già la gente che osservava i campioni attraverso questo rudimentale strumento ne restava affascinata.
I primi strumenti efficaci, nell’ambito dei microscopi di tipo ottico, vennero prodotti nei Paesi Bassi alla fine del XVI secolo, ma l’invenzione vera e propria è tuttora controversa. Galileo ne inviò uno di sua costruzione al principe Federico Cesi, fondatore dell’Accademia dei Lincei, per mostrargliene il funzionamento. Galileo definiva lo strumento un “occhialino per vedere le cose minime”.
Da allora in numerosi paesi europei e negli Stati Uniti partirono produzioni di microscopi più o meno sofisticate fino a raggiungere degli ingrandimenti che al giorno d’oggi raggiungono 1500 volte.
Si deve però arrivare all’invenzione del microscopio elettronico nel 1930 in Germania per arrivare a incredibili ingrandimenti: fino ad un milione di volte con i moderni microscopi elettronici.
La ricerca scientifica ha inoltre generato moderni microscopi che riescono a riconoscere oggetti dell’ordine del milionesimo di millimetro (scala nanometrica).
La microscopia è un’affascinante e raffinata tecnica che permette di osservare (nel vero senso della parola) come una molecola e/o cellula “malata” lavorano, per studiare come e dove intervenire a livello terapeutico, al fine di ripristinarne il normale funzionamento.
Il problema? Gli elevati costi di tali microscopi e la lunga e laboriosa preparazione dei campioni, il che comporta un aumento delle possibilità di creare artefatti e inoltre non permette l’analisi su campioni di cellule vive.
Ma questi problemi potrebbero essere risolti, assieme a molti altri che non permettono l’uso “quotidiano” e l’accessibilità a molti di questi preziosi strumenti: alcuni ricercatori hanno infatti realizzato un laboratorio di analisi tascabile in grado di identificare patologie come anemia, malaria, HIV e tumori.
Nello specifico, i ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche (Isasi-Cnr) di Napoli hanno creato il primo microscopio olografico, che darà modo agli utenti di effettuare, per alcune patologie, esami diagnostici rapidi e a casa propria. Lo studio è stato pubblicato su Light: Science and Applications, rivista del Nature Publishing Group.
«La svolta tecnologica è possibile grazie ai dispositivi Lab-on-chip, i laboratori su chip» spiega Vittorio Bianco, uno dei ricercatori. Il fluido da analizzare scorre nei canaletti di cui è dotato il chip. La presenza di micro-elementi ottici permette di avere un microscopio tridimensionale olografico portatile. «È un semplice vetrino da microscopio di alcuni centimetri di lunghezza – dice Bianco – ma è anche uno strumento di misura che fornisce mappe 3D da cui si ricavano i dati quantitativi di elementi biologici, statici o in movimento all’interno di un liquido».
Anche i costi di produzione sono limitati. «Il chip consentirà di portare le funzionalità diagnostiche direttamente dal paziente evitando, ad esempio, alle persone anziane di recarsi in un centro di analisi – dicono Melania Paturzo e Pietro Ferraro, studiosi a capo del progetto di ricerca – Inoltre potrà essere usato nei Paesi in via di sviluppo e nei luoghi dove non ci sono strutture adeguate per lo studio e la classificazione dei campioni».
La configurazione tascabile della tecnologia e il basso costo di produzione permettono quindi per la prima volta di superare i confini del laboratorio di analisi: “in futuro il chip consentirà di portare le funzionalità diagnostiche direttamente dal paziente evitando, ad esempio, alle persone anziane di recarsi presso un centro diagnostico. Inoltre potrà essere usato in Paesi in via di sviluppo e laddove manchino adeguate strutture per lo studio e classificazione dei campioni”.