I quattro partiti che componevano l’ultimo esecutivo in Italia si sono incontrati per tutta la giornata di lunedì con il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, per cercare di avvicinare le posizioni e trovare una soluzione alla crisi aperta. Nella sala Loba, la più importante di palazzo Montecitorio, si è discusso quasi di tutto: programma, nomi e ministeri. La lettera di chi dovrebbe essere il prossimo primo ministro, tuttavia, era ancora chiusa a tarda notte.
Il nome del futuro primo ministro non era ancora stato messo sul tavolo lunedì nella giornata di lunedì. Renzi ha seguito il copione atteso dagli altri partiti. La trattativa è iniziata avvicinandosi alle posizioni e ha finito per alzare la posta in gioco e tendere gli animi. Se non si raggiunge un accordo chiaro, il Quirinale potrebbe concedere un giorno in più, nonostante fonti del Capo dello Stato ritengano che non sarà necessario. Se quel percorso rimane irrisolto, potrebbe scegliere di promuovere un esecutivo istituzionale.
Italia Viva ha richiesto alla fine della trattativa che dall’incontro finale uscisse un programma scritto, cosa che il resto dei partecipanti non vuole e che farebbe affidare a un ipotetico nuovo presidente del Consiglio, senza spazio per le proprie decisioni. Conte è ancora il candidato migliore alla guida, ma la sua nomina comporta anche rischi di comunicazione. Questa crisi è costata la paralisi al Paese in un momento di estrema volatilità. E le formazioni coinvolte, anche al Quirinale, sanno che sarà difficile vedere la costituzione di un terzo governo con lo stesso presidente del Consiglio e identici partiti.
Oltre al programma, i nodi del conflitto si trovano anche attorno a portafogli specifici. Italia Viva, secondo fonti trapelate da diversi quotidiani il Pd, avrebbe chiesto quattro ministeri (due in più rispetto al governo precedente). Ma ieri sera il partito ha negato tale richiesta. D’altra parte vi erano veti sui titolari di almeno quattro portafogli del precedente esecutivo. La più rilevante sarebbe quella di Economia, per la quale Renzi non vorrebbe Roberto Gualtieri in carica. Tuttavia, l’attuale ministro ha ricevuto il sostegno pubblico dal presidente dell’associazione italiana dei datori di lavoro e mantiene l’aura di essere stato responsabile di convincere l’UE a stanziare 209 miliardi di euro per il piano di ripresa per l’Italia. “Gualtieri ha meriti sufficienti per restare“, fanno notare nelle file socialdemocratiche.
La trattativa, in ogni caso, è anche una chiara rappresentazione del ruolo sempre più scarso che è riservato a un presidente del Consiglio in Italia.
Conte ha già vissuto questa esperienza nel suo primo governo, dove ha dovuto vedere i suoi due vicepresidenti passare la palla da una parte all’altra: Matteo Salvini (Lega) e Luigi Di Maio (Movimento 5 Stelle). Anche in quell’occasione è stata firmata una tabella di marcia sulla quale il presidente del Consiglio si è dovuto limitare a mettere croci man mano che raggiungeva gli obiettivi. Conte sembra pronto ora ad accettare qualunque cosa venga messa sul tavolo.