Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10.000 persone.
In base ai dati coordinati dal registro nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di sanità, in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola.
Le malattie rare sono malattie gravi, spesso croniche e talvolta progressive. Possono presentarsi già dalla nascita o dall’infanzia, come nel caso dell’amiotrofia spinale infantile, della neurofibromatosi, dell’osteogenesi imperfetta, delle condrodisplasie o della sindrome di Rett oppure, come accade in più del 50% delle malattie rare, comparire nell’età adulta, come la malattia di Huntington, la malattia di Crohn, la malattia di Charcot-Marie-Tooth, la sclerosi laterale amiotrofica, il sarcoma di Kaposi o il cancro della tiroide.
Esistono migliaia di malattie rare. Attualmente ne sono state calcolate 6.000-7.000 e ne vengono descritte di nuove regolarmente nelle pubblicazioni scientifiche. Il numero delle malattie rare dipende anche dal grado della specificità utilizzata nella classificazione delle diverse condizioni/malattie.
Tutte le persone affette da queste malattie incontrano le stesse difficoltà nel raggiungere la diagnosi, nell’ottenere informazioni, nel venire orientati verso professionisti competenti.
A causa della mancanza di sufficienti conoscenze mediche e scientifiche, molti pazienti non vengono diagnosticati e le loro malattie non vengono riconosciute. Quindi, la presa in carico di questi pazienti è per lo più sintomatica.
Ma una svolta, soprattutto per quanto riguarda la cura di tre di queste in particolare, potrebbe venire da una recentissima scoperta: è stato infatti messo a punto un nuovo farmaco efficace per tre malattie rare scoperte di recente e caratterizzate da episodi ricorrenti di febbre e di infiammazione.
Con una sperimentazione clinica mondiale coordinata dai medici della Reumatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è stato scoperto il nuovo farmaco. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “The New England Journal of Medicine”.
Nella sperimentazione è stato usato un anticorpo monoclonale (molecola di sintesi in grado di riconoscere uno specifico bersaglio), che agisce in maniera mirata bloccando l’attività biologica dell’interleuchina 1 (nome scientifico canakinumab), molecola che viene prodotta in eccesso in conseguenza delle mutazioni genetiche. I pazienti inclusi nel trial sono 181, provenienti da 59 istituti di 15 Paesi.
Le tre malattie che il farmaco curerebbe sono la febbre mediterranea familiare (Fmf), il deficit di mevalonato chinasi (Mkd) e la sindrome periodica associata al recettore 1 del fattore di necrosi tumorale (Traps).
La prima patologia è la più diffusa delle tre, nasce geneticamente in Medio Oriente ed è ben nota all’interno del bacino del Mediterraneo. Le altre due sono malattie molto rare, individuate e definite di recente. I bambini e gli adulti colpiti da queste infezioni presentano episodi febbrili ricorrenti con una frequenza che varia da una volta ogni 15 giorni a una ogni qualche mese, assieme ad artrite, pleurite, pericardite, peritonite e rash cutanei o esantemi.
“I risultati dello studio in termini di efficacia e di sicurezza del farmaco hanno permesso di ottenere la sua autorizzazione sia dall’Ema (Agenzia Europea del Farmaco), sia dall’Fda americano (Food and Drug Administration)”, ha spiegato Fabrizio De Benedetti, responsabile di reumatologia del Bambino Gesù e coordinatore mondiale della sperimentazione.