Le poesie non solo ci nobilitano spiritualmente, ma sviluppano anche il nostro cervello, questo secondo la scienza.
Gli scienziati hanno osservato l’attività neurale nella materia grigia dei volontari che leggono capolavori della poesia classica. Hanno fatto sì che le aree del cervello responsabili del ricordo delle esperienze passate diventassero attive.
Osservando le persone leggere le opere di Shakespeare, Wordsworth, Thomas Stearns e altri luminari della poesia inglese, gli sperimentatori hanno analizzato come funzionava il loro cervello in quel momento, come spiega il sito esoreiter.ru.
Per confrontare come il sistema nervoso centrale dei soggetti avrebbe reagito alle stesse storie raccontate in linguaggio comune, le opere dei classici sono state riscritte in prosa e consegnate agli stessi volontari per la lettura.
Si è scoperto che quando si leggono poesie, i neuroni reagiscono letteralmente a ogni parola. Il cervello reagisce in modo particolarmente acuto a svolte poetiche insolite.
Ad esempio, quando l’epiteto shakespeariano “pazzo” per il vento è stato sostituito con la parola più semplice “furioso” in questo contesto, il cervello ha dato per scontato questo aggettivo.
Ma era l’insolito epiteto “pazzo” che faceva mobilitare il sistema nervoso, come se il cervello stesse cercando di comprendere cosa stesse facendo la parola qui.
L’alta poesia, come hanno scoperto gli scienziati, provoca un’eccessiva eccitazione nel cervello. Inoltre, questo effetto persiste per qualche tempo: dopo aver elaborato una parola o una frase insolita, il cervello non torna allo stato precedente, ma conserva qualche impulso aggiuntivo che spinge a continuare a leggere.
La lettura della poesia, secondo gli scienziati, attivava anche l’emisfero destro del cervello, o meglio, la sua area responsabile delle memorie autobiografiche. Il lettore sembrava affrontare la sua esperienza personale alla luce delle impressioni che aveva appena ricevuto.
Si scopre che leggendo Amleto e Wordsworth, si pensa al nostro passato.