Non è certo una novità, eppure dinanzi all’entità di certe cifre non si può che rimanere sbalorditi e perplessi.
E’ risaputo che, in tempo di crisi, mentre tutti i mercati rallentano, l’economia sommersa fiorisce e “fattura” cifre da record, e l’ecomafia, quella legata ai reati ambientali, non è certo da meno.
Come mostra chiaramente la fotografia sull’illegalità ambientale scattata dal nuovo rapporto Ecomafia di Legambiente, il giro di affari delle Ecomafie non si ferma: nel 2014 cresce ancora e raggiunge i 22 mld di euro, con un incremento di 7 mld rispetto al 2013.
Nello specifico, nel 2014 i reati accertati sono stati 29.293, il che significa un ritmo di 80 al giorno cioè quasi 4 ogni ora, con un aumento delle infrazioni nel settore dei rifiuti (più 26%) e del cemento (più 4,3%) perlopiù ”alimentate dalla corruzione”.
Se si registra un calo del 21% dei reati in Campania (che però mantiene il record dell’illegalità ambientale), aumentano i delitti ambientali in Puglia (15,4% del totale con 4.159 denunce). E la Lombardia detiene la leadership della corruzione (31 indagini), seguita dalla Sicilia (28 inchieste), dalla Campania (27), dal Lazio (26) e dalla Calabria (22).
Spiccano i numeri dell’agroalimentare: fattura 4,3 miliardi per 7.985 illeciti; il racket degli animali colleziona 7.846 reati. Cresce anche il business dell’archeomafia (che include il valore dei beni archeologici recuperati, i falsi sequestrati e i sequestri effettuati), che con 500 milioni vede più che raddoppiato il mercato nero (nel 2013 era di circa 200 milioni).