Jeffrey Dahmer, uno dei più noti serial killer americani, è stato ucciso nel 1994 da un compagno di cella in circostanze violente.
Soprannominato il “cannibale di Milwaukee“, Dahmer era stato condannato per l’omicidio di almeno 17 uomini e ragazzi tra il 1978 e il 1991, crimini caratterizzati da una crudeltà estrema, che comprendeva anche violenza sessuale e atti di cannibalismo.
Durante il suo periodo in prigione, la sua condotta continuava a essere provocatoria e inquietante. Christopher Scarver, l’uomo che lo uccise, lo ha descritto come privo di rimorso e provocatorio nei confronti degli altri detenuti e del personale carcerario.
Scarver ha raccontato in un’intervista al New York Post del 2015 che Dahmer metteva in scena macabre provocazioni e aveva superato il limite con diverse persone.
Il 28 novembre 1994, all’interno del Columbia Correctional Facility, Dahmer, Scarver e un altro detenuto, Jesse Anderson, furono lasciati soli a pulire la palestra.
Secondo Scarver, Dahmer o Anderson lo colpirono alla schiena, scatenando la sua reazione violenta. Armato di una barra di metallo, Scarver affrontò Dahmer riguardo ai suoi crimini, chiedendogli se avesse veramente compiuto quegli atti orribili. Dahmer, sorpreso, tentò di fuggire, ma Scarver lo colpì brutalmente alla testa, provocandone la morte.
Le ultime parole di Dahmer sarebbero state: “Non mi importa se vivo o muoio. Vai avanti e uccidimi.” Dopo aver ucciso Dahmer, Scarver si rivolse ad Anderson, che si trovava in uno spogliatoio vicino, e lo colpì nello stesso modo, uccidendolo.
Scarver è stato poi condannato a due ulteriori ergastoli per questi omicidi, oltre a quello che già stava scontando per un precedente omicidio.
