Storia e tradizione della cucina locale vogliono i piatti tipici del sud Italia “saporiti”, o per meglio dire “sapidi”: il sale abbonda in tutti i piatti, rendendoli certamente più gustosi, ma anche più dannosi per la salute.
A lanciare l’allarme uno studio pubblicato sul British Journal of Medicine e realizzato nell’ambito del Programma MINISAL-GIRCS, una ricerca a livello nazionale sul consumo di sodio e potassio nella popolazione generale adulta italiana: la ricerca ha rilevato come il consumo di sale nella popolazione italiana adulta è significativamente maggiore nelle regioni del Sud in confronto a quelle settentrionali e centrali.
In particolare le regioni incriminate sono Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata, il cui consumo medio si attesta oltre gli 11 grammi al giorno contro valori inferiori ai 10 grammi in tutte le altre regioni.
Un valore che va ben oltre i 5 grammi giornalieri raccomandati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): il sale infatti, assunto oltre le quantità raccomandate, contribuisce all’insorgere di malattie cardiovascolari, con conseguenze anche molto gravi.
Dallo studio è emerso inoltre come che le persone occupate in lavori manuali presentano un consumo di sale decisamente maggiore di coloro che sono impegnati in ruoli amministrativi e manageriali; così pure avviene, in relazione al grado di istruzione, per coloro che hanno conseguito soltanto il diploma di scuola primaria rispetto ai possessori di un diploma di scuola secondaria o di un titolo universitario. Queste differenze sono risultate indipendenti dall’età, dal sesso e da altri possibili fattori confondenti.