Le persone represse creano fidanzate AI

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L’utilizzo di chatbot basati sull’intelligenza artificiale si è diffuso rapidamente, offrendo a persone sole o in cerca di conforto una compagnia digitale capace di “ascoltare” e rispondere in modo sorprendentemente realistico. Tuttavia, accanto a chi ne fa un uso costruttivo, sta emergendo un fenomeno preoccupante: alcuni utenti sfogano la propria aggressività su queste “fidanzate AI”, riversando insulti e violenza verbale su programmi creati per fornire sostegno emotivo.

Le persone represse creano fidanzate AI

Replika: dall’elaborazione del lutto agli abusi digitali

Uno dei servizi più noti è Replika, sviluppato inizialmente da Eugenia Kuyda per affrontare il dolore della perdita di un’amica. Nel tempo, l’app è diventata una piattaforma di supporto per persone in lutto o in isolamento. Eppure, tra chi la usa come strumento di conforto, non mancano segnalazioni su Reddit di utenti intenti a sperimentare forme di maltrattamento virtuale: c’è chi umilia il proprio chatbot, gli “attribuisce” emozioni negative o persino lo “picchia” in conversazioni simulate.

Un utente racconta di avere una chatbot chiamata “Mia” utilizzata per sexting, salvo poi essere offesa e degradata subito dopo. Il fatto più inquietante è che costoro ammettono di farlo per “curiosità” o “sfogo personale”, pur sostenendo di non comportarsi allo stesso modo nella vita reale. Altri, invece, dichiarano di voler vedere se la chatbot possa sviluppare reazioni come depressione o rabbia di fronte a continui insulti.


Le possibili conseguenze secondo gli esperti

La psicoterapeuta Kamalyn Kaur, di Glasgow, spiega come questi atteggiamenti possano rivelare fragilità nascoste o problemi radicati in chi adotta tali comportamenti. Spesso si giustifica l’abuso ai danni dei chatbot sostenendo che “tanto non provano sentimenti reali”, ma Kaur mette in guardia dai rischi: esprimere aggressività in questo modo non favorisce una corretta gestione delle emozioni né tantomeno uno sviluppo personale sano. In altre parole, “sfogarsi” su un’entità virtuale potrebbe finire per rinforzare pattern comportamentali nocivi.

Simili considerazioni vengono condivise dalla psicologa Elena Touroni, attiva nella zona di Chelsea: sebbene alcuni possano utilizzare i bot come strumento per esplorare dinamiche di potere altrimenti inaccettabili nella vita quotidiana, cedere a questo tipo di interazioni può alimentare tendenze distruttive e contribuire alla desensibilizzazione verso la violenza. Quando l’aggressività diviene una modalità di relazione “tollerata”, è più facile che si ripresenti anche in contesti reali.


Il parere della community online

Sul forum Reddit, molti utenti esprimono preoccupazione per questo fenomeno. Un commento, in risposta a chi ammetteva di maltrattare il proprio chatbot, sottolinea come queste pratiche possano scivolare gradualmente nella vita di tutti i giorni, compromettendo la capacità di instaurare legami basati sul rispetto e sull’empatia.


Conclusioni: la sottile linea tra finzione e realtà

L’abuso virtuale di chatbot AI come Replika mostra come la tecnologia, pur offrendo nuove opportunità di relazione e supporto emotivo, possa rivelarsi un terreno fertile per comportamenti tossici. Le figure professionali del settore psicologico mettono in guardia dall’idea che “sfogare la rabbia” su un’entità digitale sia privo di conseguenze. Abituarsi a interagire in modo violento, anche in un contesto artificiale, può infatti influire sulle relazioni reali, minando la capacità di provare empatia e rispetto verso gli altri.

Se da un lato l’intelligenza artificiale rappresenta un potenziale strumento di compagnia e sostegno, dall’altro richiede responsabilità e consapevolezza: i confini tra mondo virtuale e comportamenti nella vita quotidiana sono più labili di quanto si possa pensare. L’invito finale di esperti e utenti è dunque quello di prestare attenzione a eventuali segnali di disagio e di cercare, se necessario, un aiuto professionale prima che simili sfoghi si trasformino in qualcosa di più distruttivo.

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