L’Italia, riconosciuta come la culla della dieta mediterranea, si distingue per un’alimentazione considerata tra le più salutari e bilanciate, caratterizzata da ingredienti di alta qualità ricchi di benefici nutrizionali.
Tuttavia, emerge un contrasto preoccupante con questa immagine idilliaca: un fenomeno diffuso riguarda il consumo di prodotti alimentari oltre la loro data di scadenza, coinvolgendo oltre la metà della popolazione italiana.
Secondo quanto riportato da un’associazione di agricoltori, il 55% degli italiani consuma volentieri cibo che ha superato la data indicata sulla confezione, purché questa non presenti danni visibili e il contenuto sembri ancora in buone condizioni.
Coldiretti sottolinea una difficoltà diffusa tra i consumatori italiani nel decifrare le informazioni sulle etichette alimentari, specialmente per quanto riguarda la distinzione tra le indicazioni “da consumarsi preferibilmente entro il” e “da consumarsi entro“.
La prima espressione si riferisce alla data oltre la quale il prodotto può perdere qualità senza necessariamente diventare nocivo per la salute, mentre la seconda segnala il limite oltre il quale il consumo dell’alimento diventa rischioso per la salute.
Quest’ultima indicazione si applica principalmente a cibi preconfezionati che si deteriorano velocemente, come il latte fresco (entro 7 giorni) e le uova (entro 28 giorni), e vale per prodotti la cui durata non eccede i 30 giorni. La data di scadenza è chiaramente espressa attraverso il giorno, il mese e, se necessario, l’anno.
D’altra parte, il Termine Minimo di Conservazione (Tmc), indicato con “Da consumarsi preferibilmente entro“, fa riferimento al periodo in cui il prodotto mantiene intatte le proprie caratteristiche organolettiche, gustative o nutritive, assicurando che il superamento di tale termine, entro certi limiti, non comporti pericoli per la salute.