Tra tutti i 28 paesi europei l’Italia ha il record di NEET, l’acronimo con cui si indicano i giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non si trovano nel sistema scolastico (not in education, employment or training). Si trova in questa situazione il 19,9 per cento dei giovani, praticamente uno su cinque.
Migliaia di giovani non riescono a trovare un lavoro, non riescono a completare gli studi, non riescono a raggiungere quella indipendenza economica che gli consente di spiccare il volo dal nido familiare.
Forse anche come risposta a questo disagio crescente, a cui la classe politica non sa dare adeguata risposta, crescono dipendenze che è sbagliatissimo sottovalutare.
I numeri sono a dir poco preoccupanti: le tendenze giovanili finanziate da genitori inconsapevoli o disinteressati dipingono un quadro allarmante, fatto di droghe e alcol, oltre che di sigarette.
Secondo quanto emerge dai dati del 2017 sulle dipendenze giovanili raccolti dall’ Istituto Bambino Gesù di Roma per la Salute del Bambino e dell’Adolescente e pubblicata da Il Messaggero si inizia a bere alcolici già a 11 anni; a fumare sigarette intorno ai 15, e dalla stessa età, molti, fanno uso di cannabis. Sono ancora più giovani, alcuni perfino 7 anni, quelli che si accostano al gioco d’ azzardo.
Il consumo di alcol comincia all’età di 11 e 15 anni anche se è nettamente sconsigliato fino all’età di 16 anni. I giovanissimi quindi tendono ad imitare ed emulare quello che vedono intorno a loro.
Il 20,4% dei ragazzi di età fino a 24 anni consuma regolarmente alcolici quali vino, birra e superalcolici. Ma i ragazzi di età superiore ai 16 anni non sono gli unici ad ispirare i giovanissimi. Secondo i dati raccolti la maggior parte degli adolescenti inizia a provare gli alcolici in casa. Questo è un metodo adottato dai giovanissimi per aggirare i divieti e di conseguenza non spendere soldi, che non hanno a disposizione.
Col fumo non va meglio: il 16,2% dei ragazzi fino a 24 anni fuma; mentre il 19% dei giovani tra 15 e 34 anni ha fatto uso di cannabis negli ultimi dodici mesi.
Giovani sempre più dipendenti da alcol, droga e gioco d’azzardo
Ma non è certamente un problema solamente italiano: solo in Europa a utilizzare la cannabis sono 87,7 milioni. E sono 17 milioni i ragazzi di età compresa tra 15 e 34 anni che dichiarano di averne fatto uso almeno una volta nell’ultimo anno. Le ragioni per le quali i teenager bevono o fumano, a parte l’emulazione, sono da ricercare in ansie e paure. Gli alcolici sono “facilitatori”.
Ma il dato più allarmante è che il 49% dei ragazzi tra 14 e 19 anni ha giocato d’azzardo almeno una volta nel 2017; il 20% di quelli tra i 10 e i 17 anni frequenta le agenzie di scommesse, il 25% di quanti hanno tra 7 e 9 anni tenta la sorte con lotterie e gratta e vinci.
Giochi che, avvertono i medici del Bambino Gesù – non vengono percepiti dai più piccoli, e non di rado pure dai genitori, come pericolosi, ma che possono portare “disinteresse verso attività scolastiche e ricreative, frequenti assenze ingiustificate, disturbi del sonno e furti in casa”.
Senza contare che c’è chi del gioco d’azzardo diventa dipendente. Succede ahimè quando il gioco si trasforma, nella vita di un individuo, in una dipendenza. Non si gioca più per puro divertimento, bensì perché non se ne può proprio fare a meno.
Questa necessità incontenibile di darsi al gioco si chiama ludopatia, colpisce circa 900.000 persone, numero in ascesa anche grazie al web, dove ci si può sfogare a giocare in solitaria, senza che nessuno venga a conoscenza del proprio vizio.
Alla base della ludopatia c’è sempre un disagio psicologico, una predisposizione genetica al gioco, come accade per quanto riguarda le droghe in generale. Il gioco d’azzardo sostituisce in alcuni casi l’antidepressivo, o peggio altri farmaci ben più pesanti, quando a giocare è un soggetto con problemi psichiatrici, con disturbo ossessivo compulsivo o antisociale della personalità.