Facciamo attenzione quando ci sediamo su una panchina o sul sedile di un treno, ci laviamo le mani più volte quando siamo in giro, ma a casa molte di queste accortezze non le abbiamo.
Dopotutto passiamo molte ore a settimana a pulire gli ambienti dove viviamo, a spolverare, passare lo straccio o lucidare le maniglie, quindi che pericolo c’è?
Non tutto è così scontato: anche se la nostra casa è apparentemente pulita e immacolata, nulla toglie che ci sono dei luoghi particolarmente ricchi di batteri e virus, nonostante siamo convinti che siano puliti a sufficienza.
Soprattutto gli oggetti che prendiamo più spesso in mano: che si tratti di un cordless oppure di un telefono fisso in entrambi i casi l’apparecchio telefonico è un ricettacolo di germi. Anche gli smartphone figurano tra i posti più sporchi della casa, poiché entrano continuamente in contatto con superfici diverse e sono una delle apparecchiature maggiormente utilizzate nel corso della giornata.
Da non dimenticare neppure il telecomando, con la sua costituzione che favorisce l’annidamento dei batteri e per questo richiede una pulizia che deve essere eseguita meticolosamente, avendo cura di tutti gli spazi tra un tasto e l’altro.
Ovviamente anche il bagno entra nella classifica dei posti meno puliti della casa, cominciando dal porta-spazzolini che effettivamente nessuno di noi lava abbastanza frequentemente, e che date le condizioni di umidità funziona come un moltiplicatore di germi e muffe.
Un po’ perché diventa il piano di appoggio di qualunque cosa, dai residui di cibo agli scarti, un po’ perché non si lava a sufficienza e con i prodotti igienizzanti adeguati, anche il lavello non è decisamente il posto più pulito della cucina.
E come dimenticare la macchina del caffè, col contenitore dell’acqua che non viene quasi mai sottoposto a procedimenti di igienizzazione scrupolosi (per esempio con l’aceto, dall’azione antibatterica e disinfettante).
Ma a quanto pare tra gli oggetti più sporchi di tutti spiccano gli strofinacci da cucina, che sono ampiamente utilizzati e mai a sufficienza puliti.
Negli strofinacci che usiamo comunemente in cucina vivono infatti milioni di batteri potenzialmente pericolosi per la nostra salute, che ci esporrebbero al rischio di contaminazioni e intossicazioni alimentari.
E’ quanto emerge da una ricerca dell’Università di Mauritius che è stata presentata ad Asm microbe, l’incontro annuale dell’American Society for Microbiology.
I ricercatori hanno coltivato i batteri trovati sugli asciugamani per identificarli e hanno determinato il loro carico virale.
Secondo la ricerca, il 49% degli asciugamani da cucina che sono stati analizzati ha avuto una crescita batterica che è aumentata in relazione a diversi fattori, dal numero delle persone presenti in famiglia agli eventuali bimbi che scorrazzano per casa.
Gli strofinacci per uso polivalente (che servono per asciugare le stoviglie e le mani, tenere gli utensili caldi, asciugare o pulire le superfici) avevano un numero di batteri maggiore rispetto agli asciugamani monouso. Quelli umidi, inoltre, avevano un numero di batteri superiore a quelli asciutti.
Dallo studio il batterio più presente è risultato essere l’Escherichia coli, che si trova soprattutto negli asciugamani multiuso, confermando un dato: l’uso multiplo dei canovacci aumenta la possibilità di contaminazione e la diffusione dei batteri.
Secondo i ricercatori la presenza di Escherichia coli su vari asciugamani probabilmente proviene da una contaminazione fecale e ciò vorrebbe dire che non siano diffuse in cucina le norme igieniche.
Dei 49 campioni positivi alla crescita batterica, il 36,7% ha sviluppato batteri coliformi, un gruppo che comprende gli E. coli, mentre sul 14,3% aveva preso vita lo stafilococco aureo.
“Il nostro studio dimostra, che la composizione familiare e le pratiche igieniche hanno influenzato il carico microbico degli asciugamani da cucina”, ha affermato la dott.ssa Susheela Biranjia-Hurdoyal “Abbiamo anche scoperto che la dieta, il tipo di utilizzo e l’uso di panni umidi, potrebbero essere molto importanti nel promuovere la crescita di potenziali batteri responsabili dell’avvelenamento da cibo”.