Quando si vede una persona “stoica”, apparentemente capace di sopportare qualsiasi cosa, lo si apostrofa come “fachiro”, ma essenzialmente a cosa si fa riferimento quando si usa questo termine?
Secondo la definizione più comune, un fachiro è un asceta indiano dedito a pratiche mistiche che consentono un controllo totale sulle sensazioni dolorose.
In origine, però, si ci riferiva ai dervisci musulmani, diffusi soprattutto in Anatolia e in Persia, i quali vivevano nella più assoluta povertà; in seguito, fu usato per indicare anche i mendicanti indù noti per la dedizione allo yoga e a pratiche mistiche.
I fachiri indiani si contraddistinguono per la loro insensibilità al dolore, ma anche la capacità di ottenere cibo e rispetto presso le più povere popolazioni indiane mediante le loro presunte capacità sovrannaturali, quali la levitazione e l’invisibilità.
Più in generale, i fachiri sono capaci di controllare la fame, governare la fatica sono in grado di resistere al dolore.
Tali pratiche sono poi con il tempo arrivate in occidente, dando vita a quelli che vengono definiti ‘fachiri da spettacolo’, che si esibiscono per le strade o nei circhi.