I complottisti, sempre a caccia di extraterrestri, non hanno dubbi: su Marte e su Venere ci sono strutture artificiali riconducibili a vita aliena.
In un momento in cui la NASA sta cercando di provare in tutti i modi, con tutti i mezzi e con dati scientifici alla mano, che la vita è possibile all’interno del nostro Sistema Solare, i complottisti tornano alla carica con la loro verità assoluta: gli alieni esistono e la prova è nascosta proprio nelle foto che le Sonde americane inviano sulla Terra.
La Sonda della Missione Magellano, per esempio, negli anni 80/90 ha inviato migliaia di foto di Venere, e già all’epoca furono molti i cacciatori di Ufo che ci scorsero strutture artificiali.
Oggi esperti ufologi delle foto che mostrano le strutture aliene di Venere, scattate sia dalle agenzie spaziali americane che da quelle giapponesi, ne hanno fatto un documentario “prova” per dimostrare sul Pianeta c’era vita extraterrestre.
Ricordiamo che Venere è il pianeta del nostro Sistema Solare più inospitale per le sue temperature proibitive: 470 gradi sulla superficie e fino a – 175 gradi negli strati più alti.
La logica vuole che temperature così estreme non possano permettere la vita nemmeno di microorganismi.
Ma i complottisti ne sono certi: quelle strutture artificiali sono la dimostrazione che gli extraterrestri hanno abitato il Pianeta e, forse, lo abitano ancora.
D’altra parte, dicono gli esperti di alieni, tali strutture che si trovano alla base dei crateri presenti su Venere, devono essere per forza artificiali perché sono troppo simmetriche per essere costruzioni naturali.
Come spiegano la vita su Venere i complottisti? Allo stesso modo in cui spiegano la vita su Marte: è probabile che tantissimi anni fa il clima sul Pianeta non fosse così proibitivo e che l’atmosfera era tale da permettere vita aliena.
E’ probabile, certo. Così com’è probabile che siano semplicemente crateri sulla superficie del Pianeta che risultano più luminosi per le alte concentrazioni di metalli al loro interno. Che dire? Tocca sempre ai posteri l’ardua sentenza.