Ogni giorno dobbiamo fare i conti con l’inquinamento, con tutto il male che stiamo facendo al nostro pianeta e, di conseguenza, anche a noi stessi.
Dobbiamo fronteggiare l’inquinamento delle acque, per non rischiare a breve di non avere più acqua potabile da bere, e quello dell’aria, per non continuare a respirare particelle tossiche che ci provocano tumori ed altre patologie anche molto gravi.
Ed ancora, dobbiamo fare i conti con l’inquinamento acustico, quello luminoso, quello termico, quello genetico, e potremmo continuare ancora per molto.
Ma forse uno dei più insidiosi, anche perché tra i meno conosciuti e quindi considerati meno pericolosi, c’è l’inquinamento elettromagnetico.
Comunamente indicato anche come “elettrosmog”, l’inquinamento elettromagnetico congloba una moltitudine di agenti fisici inquinanti e di diverse patologie potenzialmente correlabili.
Con il termine inquinamento elettromagnetico si intende l’inquinamento derivante in genere da radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti. Si parla quindi dell’intervallo di frequenze che va da 0 Hz (campi statici) alle frequenze della radiazione visibile (laser e luce incoerente).
Le radiazioni non vanno certo demonizzate, dato che sono utilizzate per trasportare informazioni ed energia: solo per citare le più comuni, sono radiazioni elettromagnetiche quelle emesse dagli apparecchi per fare le radiografie, dai satelliti artificiali, dai cellulari e dagli apparecchi wireless.

Ma l’esposizione continuativa a queste radiazioni può creare problemi: secondo l’Oms le persone colpite da elettrosensibilità sarebbero tra l’1 e il 3% della popolazione, avvertendo i sintomi più svariati tra cui spiccano palpitazioni, capogiri e nausea, ma anche stati ansiosi, depressione, disturbi del sonno e della concentrazione e persino disturbi del sistema ormonale.
Come se non bastasse, i campi elettromagnetici da radiofrequenze sono stati classificati dallo Iarc, l’Istituto per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità, come possibili cancerogeni per l’uomo.
Non è stata quindi accertata con certezza assoluta la correlazione tra esposizione a queste onde e tumori, ma percependone la potenziale pericolosità già il legislatore italiano ha previsto che nel nostro paese, per legge, i limiti di emissione per le postazioni fisse ad alta frequenza, ovvero i ripetitori per segnali radio, tv, wimax, telefonia mobile sono di 6 V/m per gli ambienti abitati e 20 V/m in campo aperto.
Ecco allora che è fortemente consigliabile cercare di limitare l’esposizione il più possibile: ma come proteggersi?
Innanzitutto possiamo partire dalle onde che producono gli oggetti più vicini a noi.
Pensiamo al cellulare: potremmo cercare di tenerlo meno tempo possibile vicino al corpo, preferendo, per telefonare, l’uso degli auricolari, ricordandosi inoltre di staccare il Bluetooth, il Wi-Fi e la localizzazione.
Ma sono tanti gli oggetti elettronici presenti nelle nostre case che emanano onde: si può quindi cercare di evitare di usare il più possibile forni a microonde e piani di cottura ad induzione, ma anche TV collegate al Wifi, baby phone audio o video.
Come regola generale, gli elettrodomestici non dovrebbero mai trovarsi vicino alla parete che dal lato opposto si trova vicino alla testiera del letto. La televisione o altri schermi devono invece essere posizionati ad una distanza di almeno un metro, come anche la radiosveglia.
In commercio, poi, esistono delle protezioni da onde elettromagnetiche certificate e verificabili. Di loro, nelle case, le mura spesse e compatte rappresentano già una buona protezione dall’elettrosmog, ma in caso contrario si può ovviare anche applicando del tessuto schermante al muro.
Altro consiglio utile è certamente quello di fare un inventario degli apparecchi elettrici ed eliminare quelli superflui.
E se non disdegnate soluzioni anche meno “convenzionali”, secondo alcune discipline orientali quarzo, malachite, ametista, tormalina e cristalli di sale assorbono le onde elettromagnetiche: queste pietre si possono quindi usare come soprammobili e tenerli vicino agli apparecchi inquinanti, in modo da limitarne l’impatto. Come si è potuto intuire, non esistono soluzioni definitive anche perché i campi elettromagnetici sono onnipresenti, dentro e fuori dalla nostra casa, ma istallare un impianto domotico può aiutarci a ridurre l’esposizione all’elettrosmog: con un semplice comando a distanza si possono spegnere gli elettrodomestici tutti assieme, disconnettendo anche le prese, ed assicurandosi un ambiente più salutare almeno tra le mura domestiche.