Quando si vuole far riferimento a qualcosa di arido, secco, sconfinato e con ben poche forme di vita si fa generalmente riferimento al deserto del Sahara che, però, se è vero che ad oggi è il deserto più grande del mondo, un tempo aveva una struttura molto differente.
Strano a pensarlo, ma gli scienziati sono riusciti a ricostruire che, tra i 12.000 e 5.000 anni fa, il deserto del Sahara era popolato e coperto di vegetazione lussureggiante.
Nello specifico, nel periodo chiamato Olocene, il Sahara era una terra fertile e non rappresentava una barriera geografica per eventuali spostamenti verso le coste del Mediterraneo.
Naturalmente, come al solito, è colpa dell’uomo e dei mutamenti che nei secoli ha apportato, se oggi quella zona è un deserto arido vasto ben 5700 km dall’Oceano Atlantico fino al Mar Rosso.
Il processo sarebbe cominciato quando le comunità neolitiche africani sperimentarono l’economia agro-pastorale nei pressi del Nilo, circa 8000 anni fa.
Questa tecnica prese piede gradualmente introducendo sempre più bestiame che col pascolo riducevano sostanzialmente le aree verdi.
Questa frammentazione della vegetazione ha esposto la terra a maggiore radiazione solare ed in tal modo sono mutate le condizioni relative all’assorbimento della luce e sono diminuite le piogge.
Lo studio dei pollini antichi, delle spore e degli organismi acquatici nei sedimenti del Lake Yoa nel Ciad settentrionale ha quindi mostrato che la regione si è gradualmente spostata dalla savana circa 6.000 anni fa verso le condizioni di aridità che hanno avuto inizio circa 2.700 anni fa.