Nuove scoperte scientifiche evidenziano che l’esposizione alla microgravità può annientare una grossa percentuale di cellule tumorali. Tuttavia, ciò non implica che i pazienti affetti da cancro verranno mandati nello spazio, ma piuttosto apre la strada a un nuovo approccio terapeutico: l’utilizzo di farmaci mirati a riprodurre questo effetto benefico.
È risaputo che il corpo umano reagisce in modo diverso in condizioni di bassa gravità. Pertanto, i ricercatori dell’Istituto di Tecnologia di Sydney hanno deciso di investigare più approfonditamente l’impatto dell’assenza di gravità sullo sviluppo dei tumori.
Per farlo, hanno sviluppato un simulatore di microgravità, in cui hanno immerso colture di cellule tumorali provenienti da seno, ovaie, polmoni e naso. Dopo una esposizione di venti ore, si è osservata una mortalità cellulare fino al 90%.
Gli autori dello studio ipotizzano che il principale svantaggio della gravità risieda nella sua interferenza con i processi di comunicazione intercellulare, inducendo le cellule a perdere il “senso” dell’ambiente circostante. Questo fenomeno, noto come effetto di scarico meccanico, è associato alla perdita di massa ossea degli astronauti.
Attualmente, gli scienziati non hanno ancora compreso appieno perché tale effetto sia più pronunciato sulle cellule tumorali rispetto a quelle sane. Per risolvere questo enigma, stanno preparando un nuovo esperimento che avrà luogo sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
Durante questa missione scientifica, i ricercatori monitoreranno direttamente lo stato delle cellule tumorali nello spazio, sperando di acquisire informazioni cruciali per lo sviluppo di nuove terapie antitumorali.
Naturalmente, non è previsto l’invio di pazienti malati nello spazio; gli scienziati in orbita si concentreranno piuttosto sull’identificazione dei recettori coinvolti nella distruzione delle cellule tumorali in microgravità. In caso di successo, si proverà a sviluppare un farmaco capace di replicare questo effetto terapeutico.