Hai mai avuto quella strana sensazione che qualcuno ti stia osservando, anche quando sei solo? Non sei il solo: secondo diversi studi, tra il 68% e il 94% delle persone ha avuto questa esperienza almeno una volta. Ma la domanda rimane: è possibile davvero percepire quando qualcuno ci sta osservando, anche se non lo vediamo direttamente?
Il fenomeno dell’“essere osservati” è stato oggetto di ricerche per oltre un secolo. Uno dei primi studi risale al 1898, condotto dal professor Edward Titchener della Cornell University, ma da allora i risultati ottenuti sono stati spesso contrastanti. Alcuni esperimenti sembrano supportare l’idea che le persone possano davvero percepire lo sguardo altrui, mentre altri non hanno trovato alcuna prova a sostegno di questa teoria.
Il problema principale risiede nella metodologia di questi esperimenti. Gli esiti spesso dipendono dalle convinzioni personali dei ricercatori: coloro che credono nel fenomeno tendono a trovare conferme, mentre gli scettici no. Un esempio emblematico è uno studio del 1997, dove due ricercatori utilizzarono gli stessi partecipanti e gli stessi strumenti ma ottennero risultati opposti, semplicemente perché uno era un parapsicologo e l’altro uno psicologo tradizionale. Questo mette in luce il cosiddetto “effetto dello sperimentatore”, in cui le aspettative e i pregiudizi del ricercatore influenzano l’esito dell’indagine.
Ma allora, perché abbiamo questa sensazione di essere osservati, anche quando non è così? La spiegazione potrebbe risiedere nel modo in cui il nostro cervello processa i segnali sociali. Il cervello umano è predisposto a captare questi segnali e a cercare di dare un senso al nostro ambiente, anche quando non ci sono veri stimoli esterni che giustifichino tale sensazione. Come spiega la neuroscienziata Harriet Dempsey-Jones dell’Università del Queensland, molti degli studi che supportano l’esistenza di una percezione extrasensoriale dello sguardo soffrono di problemi metodologici e sono influenzati dagli stessi ricercatori.
In definitiva, la risposta a questa sensazione potrebbe essere molto più semplice di quanto pensiamo. Quando avvertiamo che qualcuno ci sta guardando e ci voltiamo a controllare, spesso è una pura coincidenza se effettivamente incontriamo lo sguardo di qualcun altro. Potrebbe semplicemente trattarsi di un’interpretazione errata del nostro cervello, che cerca di razionalizzare un’esperienza ambigua.
In effetti, questa spiegazione non è così lontana da quella proposta da Titchener oltre un secolo fa. Il nostro cervello, soggetto al bias di conferma, tende a ricordare meglio le volte in cui scopriamo che qualcuno ci stava effettivamente guardando rispetto a quando questo non accade. Sembra dunque che, fin dall’inizio, abbiamo sempre avuto la risposta a portata di mano: quella strana sensazione non è altro che una costruzione mentale, senza basi reali.