La chiusura straordinaria del Colosseo, avvenuta per alcune ore a causa di una assemblea sindacale, continua a far parlare di se, e la polemica non accenna a placarsi.
“L’assemblea era un nostro diritto. Era stata convocata l’11 settembre, ben prima delle 72 ore richieste, avevamo mandato anche un comunicato stampa. L’amministrazione ha avuto tutto il tempo per organizzarsi”, dicono i lavoratori al Colosseo, difendendosi dalle accuse venute da ogni parte.
“Uno sfregio per il nostro paese”, il commento unanime del ministro della Cultura Dario Franceschini, del premier Matteo Renzi e del sindaco di Roma Ignazio Marino.
E le istituzioni si sono subito mosse: da ieri l’apertura dei musei e dei luoghi di cultura (senza alcuna distinzione tra quelli statali, comunali, privati e non) è contemplata tra i servizi pubblici essenziali e come tale regolata dalla normativa già applicata, ad esempio, per i trasporti, nelle scuole o negli ospedali per impedire l’interruzione del servizio.
“Nessun attentato al diritto di sciopero ma in Italia la cultura sta dentro i servizi pubblici essenziali: non diciamo che non si possono fare le assemblee ma se pago migliaia di soldi un biglietto e faccio migliaia di chilometri avrò il diritto di visitare un museo senza che un’assemblea mi neghi questo”, ha spiegato Renzi dopo il consiglio dei ministri.