Come si prevedeva, esami negativi per Charlie Gard: le responsabilità di una farsa disumana.
Siamo giunti al redde rationem, a quello che, purtroppo, già si sapeva. Per Charlie Gard probabilmente non c’è più nulla da fare, ma gli strascichi e le polemiche non cesseranno per chissà quanto tempo.
L’aver cercato di prolungare la vita-non vita del piccolo per motivi di pietà, cercando una speranza che, lo si sapeva, non c’era, è stato un atto inconsulto e inumano, dettato dalla determinazione di voler mantenere in vita-non vita, questo piccolo che stava e sta tutt’ora soffrendo.
E’ scesa in campo l’opinione pubblica, è scesa in campo la Chiesa; i media mondiali hanno amplificato a dismisura il caso, e alla fine i giudici hanno dovuto ritrattare, sebbene il giudizio i medici l’avessero già dato e sebbene vi fossero state ben tre pronunce dei tribunali inglesi e una della stessa Corte di Giustizia Europea. Ancora un rinvio, ancora l’attesa.
L’aberrazione, la disumanità totale è stata nel cercare di ribaltare una decisione che era stata presa sia col metro della ragione sia col metro dell’umanità, per evitare che il piccolo avesse a soffrire ulteriormente.
Ma no, non sia mai. Si deve rasentare l’impossibile, anche se l’impossibile è per l’appunto irraggiungibile, ben oltre le orbite dei pianeti conosciuti.
Perché la prima cosa da fare è essere a posto con la coscienza, la propria coscienza, soprattutto quella dei genitori, i quali incoscientemente hanno compiuto l’atto più inconsulto che si poteva fare: anteporre l’amore per loro stessi all’amore per il bambino.
Consentire al piccolo di andare avanti è stata un’azione che permette loro di soffrire di meno, ma fa soffrire di più il piccolo Charlie. Non consentirlo, avrebbe fatto soffrire di più loro, e non avrebbe fatto soffrire più Charlie.
E la vicenda sta terminando nel modo peggiore: già circola la voce, avallata dagli organi di stampa cattolici, che non sia più possibile intervenire con chissà quali terapie miracolose “a causa dell’indebolimento della massa muscolare, che ha messo a repentaglio la possibilità di praticare la terapia sperimentale”.
Traduzione dell’enunciato volutamente sibillino: se adesso Charlie muore, attenzione perché voi che non lo avete curato per qualche giorno a dovere, potreste avere le vostre responsabilità e io ora non ci posso far più niente, dal momento che la cura potrebbe non avere effetto.
A tanta diabolica pretestuosità non si può che rendere omaggio: è quella stessa sopraffina, mefistofelica, ineffabile pretestuosità che ha contraddistinto per secoli i Tribunali del Sant’Uffizio.
Molto più semplicemente. Quando Charlie morirà, purtroppo, sarà perché non c’erano e non ci sono cure; e se ha sofferto così a lungo e così tanto, è perché qualcuno ancora non ha capito che amare una persona, in questi casi un figlio, deve avere sempre la prevalenza sull’amore verso se stessi. Il resto rischia di chiamarsi egoismo.