Le malattie neurodegenerative sono un insieme variegato di malattie del sistema nervoso centrale, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni. A seconda del tipo di malattia, il deterioramento neuronale può comportare deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie, disturbi comportamentali e psicologici.
Le patologie rientranti nel gruppo delle malattie neurodegenerative sono diverse e, per molte di esse, le cause di insorgenza sono ancora poco chiare.
Tra queste spiccano per gravità le ceroidolipofuscinosi neuronali (NCL), che rappresentano un ampio ed eterogeneo gruppo di malattie neurodegenerative di origine genetica.
Sono patologie caratterizzate da progressivo declino delle capacità cognitive e motorie, retinopatia che evolve in cecità, atrofia cerebellare variabile ed epilessia, con conseguente riduzione dell’aspettativa di vita.
I geni attualmente noti per essere alla base delle NCL sono almeno 14, da CLN1 a CLN14, con il gene CLN9 presumibilmente all’origine della malattia in una famiglia che non presenta mutazioni negli altri geni CLN.
In Italia, la forma di ceroidolipofuscinosi neuronale più frequente è la malattia CLN2.
La ceroidolipofuscinosi neuronale di tipo 2 è una rarissima malattia genetica, si manifesta intorno ai due o tre anni, attraverso epilessia e ritardi del linguaggio, per poi evolversi in declino cognitivo e motorio e in cecità.
In Italia se le ceroidolipofuscinosi neuronali colpisce circa una persona ogni 100.000 nuovi nati, la CLN2 rappresenta il 22% di questi casi, una vera rarità nella rarità. L’aspettativa di vita dei piccoli pazienti è molto ridotta e questa è stata, fino ad ora, una malattia senza terapie.
Ma qualcosa è cambiato negli ultimi anni, una terapia capace di fermare la malattia pare sia stata trovata ed al momento è in sperimentazione in diverse parti del mondo, Italia compresa.
Nello specifico la sperimentazione di questa nuova terapia è stata condotta su 23 bimbi in cura presso 4 Centri internazionali, tra cui il Bambino Gesù di Roma.
Oltre all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma sono stati coinvolti nella sperimentazione internazionale in parallelo anche il Centro Medico Universitario Hamburg-Eppendorf di Amburgo, l’Ospedale Great Hormond Street di Londra e il Nationwide Children’s Hospital della Ohio State University a Columbus (USA).
Lo studio sulla cura della ceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2 (CLN2) è durato 3 anni. Si è trattato di un trial di fase uno, ossia la sperimentazione vedeva per la prima volta la somministrazione del farmaco su esseri umani.
Ai bimbi malati è stato infuso il farmaco cerliponase alfa direttamente nel cervello, per permettergli di produrre l’enzima mancante che porta allo sviluppo della patologia. Si è visto che l’87% dei bambini non hanno manifestato alcuni sintomi tipici dell’evoluzione della malattia, per cui la sperimentazione è stata giudicata positivamente.
La terapia ha quindi ottenuto l’approvazione della Food and Drug Administration, l’ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici e dell’Agenzia europea per i medicinali, che valuta i farmaci.
“Abbiamo documentato che questo farmaco può arrestare la progressione della malattia, ma non ristabilire le condizioni neurologiche originarie del bambino” , sottolinea Nicola Specchio, responsabile di epilessie rare e complesse del Bambino Gesù. E aggiunge che “oggi, grazie alla nuova terapia enzimatica sostitutiva, per i bambini e le loro famiglie si apre una nuova epoca”.