Negli ultimi tempi la Cassazione ha preso decisioni spesso “rivoluzionarie”, rispetto quantomeno al recente passato, arrivando a segnare la strada di cambiamenti epocali in molti settori.
Ma evidentemente in Italia non c’è ancora abbastanza maturità, morale e legislativa, per accettare quello che altrove avviene già da anni, riconoscendo diritti che non si dovrebbe neppure star ancora qui a chiedere.
La Suprema Corte di Cassazione ha infatti deciso che coppie omosessuali che hanno avuto un figlio all’estero nato con la maternità surrogata non possono ottenere in Italia la trascrizione all’anagrafe dell’atto di figliazione del bambino, riconosciuta nel paese straniero.
Più nello specifico, la decisione è stata presa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 12193 in cui viene spiegato che
“non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero con cui è stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata e un soggetto che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico, il cosiddetto genitore d’intenzione“.
La Corte, si spiega in una nota, ha ritenuto che il riconoscimento del rapporto di filiazione con l’altro componente della coppia “si ponesse in contrasto con il divieto della surrogazione di maternità”, previsto dall’articolo 12, comma sesto, della legge 40 del 2004 in materia di procreazione assistita, “ravvisando in tale disposizione un principio di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione”.