Anche se sembra paradossale, la nascita di una bimba down può essere imputata al ginecologo.
La delicata vicenda arriva da Mantova, dove la Corte di Cassazione ha nelle scorse ore condannato un ginecologo con l’accusa di non aver impostato un corretto rapporto con la sua paziente.
Dieci anni fa, una coppia ha fatto causa al medico e il terzo grado di giudizio ora ha dato loro ragione: i due infatti avevano deciso di abortire se fosse stata affetta da gravi malformazioni. Quanto alle procedure cliniche a cui si sarebbe sottoposta la donna si parla di un bi-test risultato positivo, ossia prelievo del sangue capace di individuare il rischio di patologie, che però non sarebbe stato approfondito.
Il medico non ha consigliato l’amniocentesi né l’analisi dei villi coriali (un campione di tessuto della placenta), ma, soprattutto, non l’ha informata su tutte le indagini prenatali utili a rilevare eventuali malformazioni del feto che i genitori hanno poi deciso di non riconoscere, abbandonandolo alla nascita.
Secondo i cinque giudici della Cassazione il ginecologo non aveva l’obbligo di prescrivere esami approfonditi, dato che non esisteva un rischio specifico; il suo errore è stato decidere al posto della paziente – non parlandogliene nemmeno – che poteva bastare così, non servivano altre analisi. Al contrario – poiché le intenzioni della donna erano chiare – avrebbe dovuto informarla di tutte le possibilità a sua disposizione: esami specifici, magari da effettuare in un «centro di più elevato livello di specializzazione».