I critici non sono stati troppo entusiasti di questa edizione, che da molti è stata definita addirittura “mediocre”, ma alla fine ha incoronato il suo vincitore, che a sorpresa non è stato quello che alla vigilia era dato per favorito.
Alla Berlinale, l’Orso d’oro è andato a On Body and Soul della regista ungherese Ildikó Enyedi, storia d’amore in un mattatoio di due persone che hanno in comune il fatto di condividere un sogno sui cervi.
“È un film molto appassionante, ma per capirlo bisogna immergersi nel nostro piccolo labirinto, all’inizio si vedono solo persone distanti e fredde circondante dal gelo ma la grande passione è nascosta dietro”, ha spiegato la regista a euronews.
Non è la prima volta per l’Ungheria a salire sul podio più alto della Berlinale: un’altra donna, Màrta Mészàros, nell’ormai lontano 1975 aveva trionfato con Adozione.
I migranti di Aki Kaurismaki di “The other side of hope”, dati per favoriti, mancano quindi l’obiettivo principale e si aggiudicano solo il quarto premio in ordine di importanza: L’Orso d’argento alla regia.
Il regista, visibilmente alterato, non ci sta: non sale neppure sul palco a ricevere il premio, punta il dito minaccioso verso il palco e, una volta raggiunto in sala da una giurata, con la statuetta in mano, se la mette in tasca con disprezzo per poi tirarla fuori solo per usarla come microfono dicendo ironicamente: ‘grazie signore e signori’.
A Berlino aveva annunciato che avrebbe realizzato il terzo e ultimo capitolo della trilogia sui migranti. Ma nei giorni seguenti, alla tv pubblica finlandese, ha invece detto che avrebbe smesso col cinema: «L’avevo già detto ma stavolta sarà veramente un addio. Sono stanco, voglio cominciare a vivere la mia vita».