L’autismo potrebbe avere radici antiche legate al contatto con i Neanderthal. Recenti studi suggeriscono connessioni sorprendenti tra l’autismo e il patrimonio genetico neanderthaliano.
L’autismo è un disturbo caratterizzato da difficoltà nelle interazioni sociali, nella comunicazione e da comportamenti ripetitivi. Sebbene le cause precise siano ancora sconosciute, nuove ricerche indicano un possibile legame con i geni dei Neanderthal.
Uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry, condotto da scienziati delle università di Clemson e Loyola negli Stati Uniti, ha analizzato i genomi di individui autistici e di persone senza il disturbo. La ricerca ha rivelato che alcune variazioni genetiche tipiche dei Neanderthal sono più frequenti nelle persone con autismo.
Nello specifico, sono stati identificati 25 geni di origine neanderthaliana che risultano significativamente più comuni tra gli individui autistici. Questi risultati suggeriscono che il DNA neanderthaliano potrebbe avere un ruolo importante nella predisposizione all’autismo in diverse popolazioni degli Stati Uniti.
Tuttavia, gli studiosi evidenziano la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio l’influenza di altri fattori genetici e ambientali sullo sviluppo dell’autismo.
Un altro studio ha mostrato che i portatori di geni neanderthaliani hanno un rischio maggiore di sviluppare forme gravi di COVID-19. In particolare, un ceppo letale di COVID-19 è due volte più probabile nelle persone con DNA neanderthaliano.
Anche altre condizioni come il cancro alla prostata, il diabete di tipo 2 e alcune malattie autoimmuni sono state associate al patrimonio genetico di specie estinte circa 4.000 anni fa.