La scorsa domenica di Pasqua, a Lahore, in Pakistan, un kamikaze si è fatto esplodere causando la morte di 70 persone. Subito dopo l’attentato di Facebook ha attivato il suo “safety check”, il sistema di sicurezza che permette di rintracciare le persone coinvolte in disastri ambientali o attacchi terroristici. Qualcosa non ha funzionato ed il safety check ha inviato per errore notifiche agli utenti di tutto il mondo, anche a persone che non si sono mai recati in Pakistan.
Il social network ha richiesto a moltissime persone di confermare con un click la propria incolumità a seguito dell’attentato e subito dopo la reazione delle persone coinvolte si è spostata sugli stessi social network, da Twitter allo stesso Facebook. “Stai bene? L’esplosione ha coinvolto anche te?”, ha domandato il safety check di Facebook a degli ignari utenti italiani, i quali si sono visti arrivare l’allarmante messaggio sul cellulare o sull’account del social network.
L’invio è partito per errore verso utenti sparsi in tutto il mondo a causa di un ‘bug’ all’algoritmo che regola il servizio in base alla geolocalizzazione dei profili Facebook. Immediatamente il colosso social ha chiarito la faccenda con un comunicato ufficiale: “Abbiamo attivato il Safety Check a Lahore dopo l’esplosione. Purtroppo, molte persone non colpite dalla crisi hanno ricevuto una notifica che chiedeva se stessero bene. Questo tipo di bug è in contrasto con le nostre intenzioni. Abbiamo lavorato rapidamente per risolvere la questione e ci scusiamo con chiunque abbia per errore ha ricevuto la notifica”.
Il servizio safety check di Facebook ha subito numerose polemiche, l’ultima fu causata da un post diventato poi virale del blogger libanese Joey Ayoub, il quale criticava Facebook per non aver attivato il servizio in seguito al duplice attentato kamikaze di Beirut lo scorso novembre.