Quando si entra in un ufficio e si trova l’aria pesante, viziata, magari con le finestre sbarrate e troppe persone a respirare, non solo si proverà una sensazione di disagio, ma probabilmente ci si troverà dinanzi un impiegato che lavora male, o comunque non al massimo delle sue potenzialità.
Secondo uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives, il luogo dove l’aria non ha “ricambio” ed è dunque un’aria viziata, è un luogo dove vengono alterate le funzioni cognitive delle persone e dunque altera anche le prestazioni lavorative.
Il test ha preso in esame le prestazioni di ventiquattro persone analizzando i risultati del lavoro in tre diversi livelli di concentrazione di anidride carbonica. Alla fine hanno stabilito che all’aumentare dei livelli di CO2 i punteggi dei soggetti sottoposti alle prove risultavano inferiori del cinquanta per cento rispetto alla media.
L’aria viziata in particolare, generata da ambienti tetri e cupi, da poca ventilazione e da una stanza possibilmente poco propensa a dare stimoli agli impiegati, fa sì che il lavoratore non partecipi con entusiasmo al lavoro ed al progetto, soprattutto un elevato tasso di anidride carbonica nell’aria prodotta dall’aria viziata fa sì che la qualità del lavoro ne risenta. Il limite massimo consentito di anidride carbonica dovrebbe attenersi attorno a cinquemila parti per milione (la legge fissa i limiti tra i mille e i millecinquecento).