Alpinista spiega la misteriosa sindrome del terzo uomo

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Un alpinista, sopravvissuto miracolosamente a una valanga, ha condiviso la sua incredibile esperienza legata alla cosiddetta “sindrome del terzo uomo”, un fenomeno enigmatico che sembra aver giocato un ruolo cruciale nel salvarlo. Nell’aprile del 1983, il dottor Jim Sevigny stava scalando le Montagne Rocciose canadesi con il suo amico Richard Whitmire, quando furono travolti da una valanga che li fece precipitare per oltre 600 metri. Sevigny perse conoscenza durante la caduta e, al suo risveglio, scoprì tragicamente che il suo compagno non era sopravvissuto.

Alpinista spiega la misteriosa sindrome del terzo uomo
foto@pixabay

Nonostante fosse vivo, Sevigny si trovava in condizioni critiche: gravemente ferito, con fratture multiple e lesioni interne, sapeva che le sue possibilità di sopravvivenza erano minime. “Pensavo che sarebbe stato più facile arrendersi alla morte“, ha confessato, ricordando quei momenti di disperazione. Tuttavia, inaspettatamente, qualcosa o qualcuno intervenne.

La “sindrome del terzo uomo” è un fenomeno noto per manifestarsi in situazioni di estremo pericolo. Descritta per la prima volta nel libro South di Sir Ernest Shackleton, la sindrome è caratterizzata dalla percezione di una presenza che appare per offrire supporto e guida a chi si trova in condizioni di vita o di morte. Alcuni la interpretano come una reazione psicologica allo stress estremo, mentre altri vedono in essa una guida spirituale o addirittura un angelo custode.

Nel caso di Sevigny, egli racconta di aver percepito una voce sopra la sua spalla destra che lo incitava a lottare per la sopravvivenza. “Devi provare, non puoi morire“, gli diceva quella presenza misteriosa. Durante il suo difficile percorso verso la salvezza, la voce lo guidava costantemente, suggerendogli azioni concrete come prendere un cappotto o una bottiglia d’acqua. Sevigny descrisse questa entità come una “compagna costante” e sottolineò che non aveva mai provato paura nei suoi confronti.

Grazie a quella guida, riuscì infine a raggiungere una valle e fermare due sciatori, salvandosi così da una situazione che sembrava senza via d’uscita. “Non credo che ce l’avrei fatta senza quell’aiuto“, ha ammesso Sevigny, riconoscendo il ruolo fondamentale della voce nella sua sopravvivenza.

Dopo il salvataggio, gli esami medici rivelarono la gravità delle sue ferite: schiena e scapola fratturate, ginocchia lesionate, un braccio con danni ai nervi, costole rotte, denti spezzati, naso fratturato e sanguinamento interno. La sua storia è stata successivamente raccontata nel libro di John Geiger, The Third Man Factor: Surviving the Impossible (Il Fattore del Terzo Uomo: Sopravvivere all’Impossibile), un’opera che esplora numerosi casi simili al suo, in cui una presenza misteriosa ha accompagnato e sostenuto individui in situazioni estreme.