Ti è mai successo di guardarti allo specchio o di scattarti un selfie e di chiederti: “Sono davvero io?” Non sei l’unico. Anche se viviamo con il nostro volto da anni, molte persone rimangono scombussolate dal loro aspetto.
Questo fenomeno è più comune di quanto si possa pensare e ha una base scientifica. Nell’epoca digitale odierna, siamo continuamente esposti a immagini di noi stessi, dagli specchi ai selfie su ogni dispositivo.
Un utente di Twitter ha descritto bene questa sensazione: “Non so come si chiama, ma qualcuno ha mai la sensazione di non sapere davvero che aspetto ha? Come se le foto che fai a te stesso e quelle scattate dagli altri o il riflesso nello specchio fossero tutte versioni diverse di te… ed è frustrante e confuso, ti fa venire voglia di piangere“.
Questa sensazione è condivisa da molti, come ha espresso un altro utente: “Non riesco più a riconoscermi. Mi guardo allo specchio e non vedo la persona che pensavo di essere negli ultimi mesi, è come se vedessi una persona completamente diversa“.
Il professor Nicholas Epley, specialista in scienze comportamentali alla Booth School of Business dell’Università di Chicago, fornisce una spiegazione interessante. Egli afferma: “Curiosamente, le persone non sanno davvero che aspetto hanno. L’immagine mentale che hanno di se stesse non coincide esattamente con la realtà“.
Uno studio condotto da Epley ed Erin Whitchurch, pubblicato su Sage Journals nel 2008, ha indagato questo fenomeno in modo approfondito. La ricerca, intitolata “Specchio, specchio sul muro: migliorare il riconoscimento di sé“, ha rivelato scoperte affascinanti su come ci percepiamo.
Lo studio ha mostrato che le persone tendono a vedersi come più attraenti di quanto siano in realtà. In una serie di esperimenti, ai partecipanti sono state mostrate versioni alterate dei loro volti, con livelli di attrattività modificati in positivo o in negativo. Quando è stato chiesto loro di identificare la propria immagine reale, hanno scelto costantemente le versioni più attraenti, selezionando spesso volti che erano migliorati del 20% rispetto al loro aspetto reale.
È interessante notare che questo “bias di miglioramento” non si limita solo alla percezione di sé. I partecipanti hanno selezionato versioni più attraenti anche quando dovevano identificare i volti degli amici, ma non con gli estranei. Questo suggerisce che la tendenza a vedere noi stessi e le persone a noi vicine sotto una luce più favorevole è un meccanismo psicologico profondamente radicato.
Epley sottolinea che questo auto-miglioramento non è un processo consapevole. Lo studio ha dimostrato che la scelta delle immagini migliorate era correlata con misure implicite di autostima, ma non con quelle esplicite. Ciò indica che la nostra inclinazione a considerarci più attraenti è “un processo relativamente automatico, piuttosto che deliberato”. Comprendere questa caratteristica della psicologia umana può essere sia rassicurante che illuminante. Spiega perché a volte ci sentiamo disconnessi dalla nostra immagine e perché la nostra percezione di noi stessi può variare tanto a seconda del mezzo o del contesto.
Inoltre, mette in luce la natura soggettiva della nostra immagine di sé e il complesso rapporto che abbiamo con il nostro aspetto. Sebbene sia naturale avere una visione leggermente migliorata di noi stessi, è importante mantenere un’immagine di sé realistica e sana.
Quindi, la prossima volta che ti sorprendi a osservare con curiosità il tuo riflesso o una fotografia, ricorda che non sei solo. Come conclude Epley, “Sei un esperto del tuo volto, ma ciò non significa che sei perfetto nel riconoscerlo“. Forse c’è una certa bellezza in questa imperfezione, che ci ricorda che il nostro vero io è molto più di ciò che vediamo nello specchio o su uno schermo. Dopotutto, l’immagine che mostriamo al mondo è solo un aspetto di ciò che siamo, e la nostra percezione di essa è complessa e in continua evoluzione, proprio come noi.