L’Italia, volente o nolente, è costretta ad adeguarsi alle normative comunitarie europee, ma ci sono alcuni settori in cui l’inadeguatezza del nostro sistema si mostra in tutta la sua lampante evidenza, ed è quello che nelle ultime settimane sta accadendo nel sistema sanitario.
E così dopo lo sciopero del 16 dicembre, che ha fatto saltare 1,3 milioni di visite dai medici di famiglia e 40mila interventi chirurgici, i medici tornano a incrociare le braccia per 48 ore il 17 e 18 marzo.
“La nostra mobilitazione prosegue perché non siamo stati ascoltati e non abbiamo ricevuto risposte concrete alle richieste mosse con la manifestazione e lo sciopero dello scorso dicembre”, spiega all’Adnkronos Salute Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil medici, al termine della riunione dell’Intersindacale che ha proclamato l’astensione dal lavoro. “Continuiamo la mobilitazione – prosegue – non solo come denuncia di una sanità a pezzi, ma anche per ricostruire un sistema sanitario pubblico che sia in grado di tutelare la salute dei cittadini senza che siano costretti a rivolgersi al privato o a non curarsi a causa di barriere all’accesso al Ssn come ticket e liste d’attesa”.
Lo sciopero vuole evidenziare il malessere della categoria dei camici bianchi, che si oppongono ai tagli delle prestazioni erogate ai cittadini e «all’indifferenza del Governo ai problemi della sanità». L’obiettivo, spiegano i sindacati, è «la salvaguardia del Sevizio sanitario nazionale».